Una storia già nota.
Nel 2015 Sir Angus Deaton, economista scozzese di fama internazionale, ha vinto il premio Nobel per aver effettuato degli studi innovativi che, andando oltre le analisi tematico-quantitative, hanno tenuto in considerazione i fattori antropici e sociali legati alle strategie dei consumi. Per farla breve, non è dando soldi in più a un ragazzo, soprattutto al Sud, che ci si assicura, da parte sua, una maggiore capacità di spesa: occorre, invece, che si realizzino altre importanti variabili, quali: un maggior senso di sicurezza. E’ chiaro a tutti che se ci si sente sicuri è più probabile che aumentino i consumi; se si hanno buoni servizi, come scuole e ospedali, oltre che un sistema di trasporti pienamente efficiente, è più facile che aumenti la propensione al consumo, perché il futuro è percepito come meno incerto e, pertanto, in grado di far aumentare anche la fiducia nelle istituzioni.
Perché questo breve racconto?
Per contestualizzare il tempo che stiamo vivendo e le prospettive che già si intravedono. E’ un tempo acerbo, in cui la crisi economica fa sentire ancora dura la sua lama tagliente nella carne viva delle nostre economie. La disoccupazione continua ad essere la più importante emergenza italiana, e quindi lucana, sia quella giovanile che di chi, in età avanzata, ha perduto il lavoro e non riesce e rientrare nel mercato occupazionale. E poi l’ambiente, messo in seriamente crisi, e i cambiamenti climatici, che ci impongono nuove regole e nuove abitudini di vita. La tecnologia improvvisamente ha iniziato ad essere percepita come una minaccia più che un’opportunità. Viviamo in un mondo di cambiamenti e accelerazioni, in cui le persone sentono che delle forze e degli interessi che sfuggono al loro controllo stanno cambiando le loro vite. In questo quadro la politica del pessimismo e della paura trova facili consensi, ma è proprio per questo che dobbiamo sostenere la causa di una politica fondata sulla ragione. Dobbiamo rimotivare le cose che abbiamo dato per scontato: perché una migliore gestione dell’immigrazione può essere un fattore positivo per le nostre comunità, perché l’innovazione tecnologica ci può portare dei vantaggi, perché questa nostra amata regione, la Basilicata, deve tornare ad essere percepita come il Sud diverso, il Mezzogiorno migliore, luogo del possibile, e non più terra di tardo sviluppo e lento progresso.
Qualche anno fa ci incamminammo lungo i sentieri che costeggiano il Basento e si immergono nella Lucania interiore, a caccia di storie, armati solo di domande, penna e taccuino. A metà 2019, dopo aver ascoltato le storie di chi vive, ha vissuto, o ha scoperto la Basilicata, abbiamo bisogno di rileggere il tempo passato, raccolto nella collana di libri denominata “I luoghi ideali” ( #PotenzaVisibile; #VediMaratea; #VentiMatera) pubblicati per i tipi della Editrice UniversoSud. In quelle pagine, e nelle tante foto postate sotto l’hashtag #luogoideale (siamo Millenial, professionalmente dei nativi digitali), vi sono parole e respiri sui quali è necessario un lavoro di studio ed analisi più approfondito. Ma soprattutto c’è una comunità, che si riconosce nella Basilicata e che ha solo bisogno di giorni buoni e aria lunga.
Serve quindi una prospettiva, una visione di futuro, un futuro che riguardi un’intera comunità e non solo gli interessi e le ambizioni, seppur legittime, del singolo. E c’è bisogno di dare risposte a domande precise: che Basilicata sarà quella del 2019? Quali sono i progetti? Da dove ripartire? Cosa bisogna fare per non disperdere questo incredibile patrimonio di energie positive che il 2019 ha solo messo in nuce? E’ possibile pensare, e costruire, la Basilicata del 2050, affrontando il climate change e riducendone al minimo gli effetti? Perché il mondo che cambia trasformerà anche i nostri luoghi, ma non potrà debellarne la memoria, si spera. Per farla breve, quella Basilicata che qualche anno fa si presentava agli occhi del mondo come il possibile “luogo ideale”, esiste ancora o no? Non parliamo solo della buona narrazione che la straordinaria stagione delle produzioni audiovisive ha permesso di realizzare, e che resterà ancora a lungo, ma vogliamo puntare lo sguardo ai processi industriali, alle scelte che dovranno essere fatte per i distretti, all’innovazione tecnologica, all’automotive, all’industria culturale, all’agricoltura, al settore dell’artigianato e delle piccole e medie imprese si cui si regge l’economia lucana.
Più che di un sogno, o di un piano di azioni senza alcun fascino, abbiamo bisogno di ambizioni. Più che di versioni, abbiamo bisogno di visioni. Più che di titoli, abbiamo bisogno di buone pratiche e vere storie da raccontare. Siamo in grado? La politica, di ogni schieramento, ne è capace? I corpi intermedi lo sono? C’è un’idea precisa? Che si fa?
La Basilicata deve tornare ad essere grande. La Basilicata deve avere la smodata ambizione di presentarsi agli occhi di chi non la conosce ancora con il fascino e la bellezza della sua storia, con la straordinaria capacità di incidere nelle dinamiche che generano il futuro. Questa nostra terra ed i suoi cittadini hanno saputo affrontare sfide complicate e difficili, dalle quali ne siamo usciti più forti, più uniti. Non possiamo più continuare a dividerci, a compromettere il nostro stare insieme, a disintegrarci in mille pezzi. la Basilicata deve tornare ad essere comunità. A fare comunità. Come ci ricorda il nostro Presidente della Repubblica Sergio Mattarella: «Sentirsi “comunità” significa condividere valori, prospettive, diritti e doveri. Significa “pensarsi” dentro un futuro comune, da costruire insieme. Significa responsabilità, perché ciascuno di noi è, in misura più o meno grande, protagonista del futuro del nostro Paese. Vuol dire anche essere rispettosi gli uni degli altri. Vuol dire essere consapevoli degli elementi che ci uniscono e nel battersi, come è giusto, per le proprie idee rifiutare l’astio, l’insulto, l’intolleranza, che creano ostilità e timore ».
Per restituire un maggiore senso di sicurezza non servono solo grandi storie da raccontare bene (quella è la propaganda che si sgonfia quando poi si scontra con la realtà), ma servono azioni concrete e coraggio. Il coraggio di chi non ha paura del domani, il coraggio di chi conosce davvero questa terra di invincibile bellezza, e lavora ogni giorno per renderla migliore, il coraggio di chi resiste e avanza e non la codardia di chi si ferma e arretra.
Però facciamolo presto, perché il futuro ha fretta.