“Le nostre sono due liste che condividono un progetto politico, non siamo due liste civiche”. Il giorno della conferenza stampa di presentazione delle liste “La Basilicata possibile” e “Potenza città giardino”, il candidato sindaco Valerio Tramutoli chiarisce subito questo passaggio per poi affermare che, “come la Basilicata anche Potenza ha bisogno di un cambiamento radicale”.
Obiettivo cambiare la città al netto delle differenti priorità che il capoluogo lucano richiede, dalle infrastrutture a quei piani urbanistici ben iniziati ma mai terminati, con un netto stop al consumo di suolo e ristrutturando i contenitori svuotati, soprattutto nel centro storico, per creare ulteriori possibilità di impego per i giovani.
Chiare come sempre le idee del candidato Tramutoli che dimostra di avere una visione completa delle esigenze della propria città.
Portatore sano di valori politici appartenenti alla sinistra ma che attualmente non la rappresentano più. L’attuale sinistra che, troppo impegnata nella ricerca costante della propria identità e lenta nell’elaborare la necessità di cambiamento, non ha colto l’invito di Tramutoli a ripartire da un progetto comune, rischio che si corre se si focalizzano energie sull’osservazione dell’antagonista piuttosto che sulla riscoperta delle proprie virtù.
Quello che contraddistingue il candidato Tramutoli, è la serenità di chi propone un’alternativa politica specchio dell’esigenza di voler partecipare al cambiamento, magari da protagonista.
Nella semplicità delle azioni poste emerge la credibilità di un progetto, dimostrato dal fatto che molti dei candidati nelle liste de “La Basilicata possibile” e di “Potenza città giardino”, credono in principi che sono anche il riflesso del proprio stile di vita. Volontariato, sostegno ai bisognosi, sostegno alle classi deboli. E’ sicuramente più credibile parlare di volontariato se lo si pratica, di sostenere i diritti dei lavoratori metalmeccanici se lo si è.
Come sempre però tra le idee e la realtà c’è bisogno della concretezza, quella spada di Damocle che spesso rende i politici vittime dei propri bisogni e delle promesse elettorali. Non vi è mala fede quando si promettono miglioramenti, ma poi amministrare è faccenda assai più complessa.
Di seguito l’intervista a Tramutoli