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Letto L’Eni era a conoscenza delle perdite di greggio al Cova: arrestato dirigente, 13 indagati
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L’Eni era a conoscenza delle perdite di greggio al Cova: arrestato dirigente, 13 indagati

USB - Ufficio Stampa Basilicata 23 Aprile 2019
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Pm Curcio: “I dirigenti sono pagati in proporzione alla quantità di petrolio estratto: a nessuno conveniva sospendere le estrazioni”.

Il Gip di Potenza parla di condotta di “sconcertante malafede e spregiudicatezza” da parte di Eni. 

“Sciagurata gestione della tutela ambientale”. Con questa motivazione il giudice di Potenza ha dato il via alla lunga e complessa attività investigativa coordinata della Procura della Repubblica di Potenza con l’ausilio dei carabinieri del NOE di Potenza, che ha portato oggi, martedì 23 aprile 2019, all’esecuzione di un’ordinanza di applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari emessa dal Gip di Potenza, Ida Iura, nei confronti di Enrico Trovato (nella foto), dirigente di Eni Spa, responsabile del Cova di Viggiano all’epoca dei fatti.

Il procedimento penale riguarda anche i due dirigenti dell’Eni, Ruggero Gheller e Augusto Palma, i 5 componenti del CTR, il Comitato Tecnico Regionale della Basilicata il cui compito era quello di controllare, sotto il profilo della sicurezza e dei rischi ambientali, l’attività estrattiva di Eni, e 5 privati.

I cinque componenti del CTR ai quali è stata eseguita la misura interdittiva della sospensione dall’ufficio pubblico ricoperto, previo interrogatorio, sono: Mario Carmelo De Bona, Saverio Laurenza, Mariella Divietri, Giovambattista Vaccaro e Antonella Amelina.

Sono quindi indagate 13 persone fisiche ed una persona giuridica – l’Eni – per i reati di disastro, disastro ambientale, abuso d’ufficio, falso ideologicocommesso dal pubblico ufficiale ed altro. 

I particolari (LEGGI) sono stati illustrati questa mattina dal Procuratore della Repubblica del tribunale di Potenza, il dottor Francesco Curcio.

Nel provvedimento, il gip di Potenza, Ida Iura, parla di una “precisa strategia condivisa dai vertici di Milano” per “nascondere i gravi problemi”, definendo la condotta di “sconcertante malafede e spregiudicatezza”.

Mentre l’inchiesta, condotta dai pm Laura Triassi e Veronica Calcagno, ipotizza la contaminazione dell’intero “reticolo idrografico” della Val d’Agri. 
Per il procuratore Curcio le perdite di greggio sarebbero “molto superiori a quelle stimate dalla società”. E lo stesso Curcio, nel corso della conferenza stampa, ha affermato: “Dobbiamo ringraziare una persona che non c’è più: Gianluca Griffa”. 

Si tratta del responsabile dell’impianto che venne trovato impiccato in un bosco in Piemonte nel 2013. Nel novembre del 2017 saltò fuori una lettera scritta da Griffa ai pm poco prima del suo decesso: “Eni sapeva degli sversamenti dal 2012”, scrisse ai magistrati. “L’Eni essendo quindi a conoscenza dello stato di corrosione dei serbatoi – ha spiegato Curcio – ha agito con dolo”. 

Per quale motivo una multinazionale come Eni avrebbe posto così tanta indifferenza sulla tutela ambientale? 

La risposta che si sono dati gli inquirenti è perché i dipendenti vengono pagati dall’azienda in proporzione alla quantità di petrolio estratto. Ragione per cui a nessuno avrebbe giovato, in termini economici, l’interruzione della produzione.  

L’intervista al Procuratore Curcio

La posizione dell’Eni

In una nota della Compagnia si legge che: “Eni prende atto dei provvedimenti adottati dall’autorità giudiziaria nell’ambito dell’indagine sullo sversamento da un serbatoio del Centro Olio di Viggiano condotta dalla Procura di Potenza e che coinvolge alcuni dipendenti Eni. Eni ritiene di essere intervenuta tempestivamente e di aver posto in essere tutti i migliori interventi di Messa in Sicurezza di Emergenza (MISE) con l’obiettivo di contenere, perimetrare e rimuovere la contaminazione. Eni conferma la massima collaborazione con gli organi inquirenti e la fiducia nell’operato della magistratura”.

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