Nel 1872 la vendita dell’immensa foresta di Monticchio: seimila ettari di estensione e 150mila alberi
Di Franco Cacciatore
La ferrovia in Basilicata, una storia infinita. Siamo al 1865 e nel Regno d’Italia si avvia lentamente l’ampliamento della rete ferroviaria.
Per il melfese è stato appena eletto deputato Floriano Del Zio. Egli che della filosofia aveva fatto il suo credo, formando centinaia di giovani in licei e università, per la sua gente lascia la scuola, obbligandosi a vivere “in austera povertà”, non avendo all’epoca i parlamentari alcun emolumento.
Forte del suo mandato Del Zio si muove con immediatezza. All’inaugurazione del tronco Foggia –Candela rivolge al Ministro dei Trasporti una vibrata istanza a nome suo e di altri 65 deputati perché la linea ferrata prosegua in Basilicata con quella che lui chiamerà la “ferrovia dell’Aufido”, l’antico nome del fiume Ofanto.
Purtroppo l’appello non è raccolto e Del Zio torna alla carica nel settembre del 1867. Questo l’inizio di una lunga lotta che si concluderà solo nel 1897.
Non mancheranno in questa battaglia i ripetuti interventi del Comune di Melfi, dove Del Zio può contare, per la presenza nell’Amministrazione del fratello Ireneo. Nel 1868 addirittura vi sarà una “commissione melfitana a Firenze” (all’epoca sede del Governo).
E saranno questi interventi a sbloccare la situazione tanto che il Ministro dell’Interno Cadorna nell’agosto di quell’anno dà il suo assenso, a patto che i Comuni interessati versino una somma pari a quella stanziata dal Governo di L. 200.000.
Nel maggio dell’anno dopo, il Ministro dei LL.PP. Pasini con apposito disegno di legge autorizza la concessione del tronco Candela – Santa Venere alla Società delle Meridionali. Sicuramente è la strada che porta alla realizzazione della ferrovia lucana.
Purtroppo dopo appena sei giorni al dicastero dei LL.PP. inizia un cambio di Ministri. Prima il deputato Mordini e a ottobre Gadda che fa saltare tutto. Niente tronco Candela – Santa Venere per essere nel frattempo decaduta l’intesa con la Società delle Meridionali, incaricata della realizzazione del tronco ferroviario.
Inutili le proteste di Del Zio, sostenuto da Depretis. Sarà questo l’inizio di una lunga battaglia fatta di promesse, d’impegni non mantenuti e quando si giungerà al dunque il progetto governativo per la Foggia – fiumara di Atella non solo esclude il melfese ma anche il capoluogo Potenza e nel frattempo si avviluppa in una disputa fra i vari tecnici, che si protrarrà nel tempo, su Vaglio o Baragiano, stazioni alle quali far capo.
E prima di giungere a conclusione il percorso sarà lungo. Nel 1872 , ancora una volta, sembra che tutto debba saltare. Del Zio presenta un ordine del giorno sottoscritto da altri 14 parlamentari dove asserisce che “tre circondari di tre province del Regno si trovano senza comunione fra di loro”. Davvero calpestare “per poche migliaia di lire” il diritto al progresso delle popolazioni interessate.
E mentre tutto questo bolle in pentola il Governo si avvia a compiere un vero baratto ai danni dell’area del Vulture. In tutta fretta e senza informazione alcuna procede nel dare in concessione la costruenda ferrovia a una società e vendere la “foresta demaniale di Monticchio”, per l’approvvigionamento di traverse per la realizzazione della nuova linea ferrata.
L’estensione e la quantità di alberi (quanto mai pregiati) dimostreranno che le traverse richieste non saranno per il piccolo tratto lucano ma per l’intero tracciato nazionale. Ben 150mila alberi in un territorio di oltre seimila ettari, che comprendeva anche l’Abbazia e il lago piccolo. Un autentico scippo!
A monte dell’affrettata vendita l’essere in corso la sua inalienabilità con altri boschi italiani di grande pregio come quelli della Sila, di Vallombrosa o la pineta di Ravenna.
I vari Ministri che si succederanno cercheranno sempre e in ogni modo di negare la negoziazione. E sarà ancora Del Zio nel gennaio 1872 a rivolgere un duro attacco a Castagnola titolare del Dicastero dell’Agricoltura: “Chiedo se il Governo in modo silenzioso e con aperta offesa di quelle riserve per le quali vi era impegno dell’anno precedente (di non alienazione – ndr) abbia venduto il bosco di Monticchio”. E il Ministro alla fine lo ammette. E Del Zio grida in aula il suo sdegno per il raggiro ai danni della terra lucana: “Prima di aleniar Monticchio era d’obbligo e interesse del Governo di costruire il piccolo tronco di ferrovia da Candela a Santa Venere. Ora si vende Monticchio, senza dare al Melfese né la via nazionale, concessa con legge 27 giugno 1869, né la strada ferrata assicurata dalla legge del 25 giugno 1870”.
Le complicazioni di questa vendita saranno tante e ovviamente allungheranno i tempi di realizzazione della ferrovia. L’alienazione passerà dalla “Società delle Meridionali” a quella “Civile di Monticchio” legata al Credito Fondiario Svizzero, che a sua volta fallirà e quindi a società privata. E stranamente la negatività avrà poi sviluppi positivi. Una strada, però, molto lunga e per Monticchio e per la ferrovia lucana.
Nelle foto: L’Abbazia e quel che resta della grande foresta – Floriano Del Zio – Le memorie del parlamentare in una sua rara pubblicazione sugli atti per la realizzazione della ferrovia lucana.
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