L’attesa può logorare, consumare, sfiancare. L’attesa è un mondo di mezzo, una terra nella quale tutto deve ancora accadere, in cui le stagioni si sono fermate e l’inverno non è ancora diventato un’invincibile estate. L’attesa è un tempo che ancora non è, che edifica desideri e sogni, che accende le ambizioni e alimenta di paure ogni bellezza. L’attesa è una partita che ancora non è iniziata, un rigore decisivo che deve essere calciato, il triplice fischio che non arriva. L’attesa è l’istante che deve scoccare, il momento perfetto che hai solo immaginato, il bisogno di fare esplodere la gioia e liberarsi da ogni timore.
Dell’attesa ne hanno parlato in tanti: poeti e scrittori, artisti e cantanti. Noi facciamo appello alle parole di Dietrich Bonhoeffer, pastore evangelico tedesco, ucciso dai nazisti a 39 anni, il 9 aprile 1945, pochi giorni prima della resa della Germania: “Vivere l’Avvento significa saper aspettare. Attendere è un’arte che il nostro tempo impaziente ha dimenticato. Dobbiamo attendere le cose più grandi e profonde del mondo, e questo non si può fare nel tumulto, ma secondo le leggi divine del germogliare, del crescere e del divenire”.
In spagnolo aspettare si dice “esperar”, perché in fondo aspettare è anche sperare. Sperare che ogni cosa vada nel modo giusto, che l’incantesimo si avveri, che un lavoro di sudore e sale possa finalmente volgere a compimento, che la lunga notte possa portare un’alba nuova. Le speranze di un’intera comunità, più grande della sua città, che vive in ogni parte d’Europa e del Mondo, sono tutte concentrate sull’ultimo chilometro che divide l’AZ Picerno dalla Lega Pro. In questa attesa c’è tutto un complesso di emozioni, ansie, ricordi, frustrazioni, lacrime, dolori, sfide, corse e cross, gol e parate, cartellini gialli e rossi, reti gonfiate, abbracci, parole appena pronunciate, timori, gioie, urla festanti, bandiere alzate al vento, cori intonati, preghiere silenziose, panchine consumate, spogliatoi vissuti, schemi mille volte provati, gol mancati, intuizioni, genialità, talento, fortuna, città attraversate e punti scalati come le più alte montagne della Terra. C’è tutto questo e molto altro nelle vie che accompagnano il tifoso verso lo stadio di Picerno, il “Donato Curcio”, dove c’è una targa fissata in alto, messa lì a ricordarci che quella struttura è “un bene comune”, di cui avere cura, memoria, come un teatro ed un’opera d’arte, che appartiene a tutti, nessuno escluso. Il calcio è proprio così, di tutti: un sentimento che non si può spiegare, trasversale, orizzontale. Nella gioia e nel dolore, nelle vittorie e nelle sconfitte, come l’amore che resiste al tempo, che brucia ma non si consuma. Ed è amore bellissimo, senza rancori, che vive in ogni angolo dello stadio e che si nutre di forti emozioni. Come quelle che i calciatori del Picerno hanno regalato ai propri tifosi ed alla città in questa incredibile stagione, così bella che nessuno saprà mai raccontarla davvero, ma che resterà per sempre nei cuori e nelle curve della memoria di tutti.
Come d’incanto si è acceso un sole bellissimo su Picerno, una luce nuova, inedita, speciale, che illuminato ogni giocata, ogni azione, ed è arrivata fortissima in ogni campo del girone H della serie D. Ci sono mille fotografie che raccontano già questi mesi intesi, ma sarà davvero impossibile narrare i cuori e le mani, il fiato e i sospiri, i sorrisi e le smorfie, i dolori e le gioie, i gol e le parate. A queste fotografie ne manca solo una, la più bella, che tutti vogliono scattare, in cui ognuno vuole apparire. Manca un passo, un piccolo salto, una bracciata per arrivare sulle sponde da sempre sognate.
Picerno è pronta, non aspetta altro. Picerno è assetata di nuove sfide, di calcio, vuole vedere il proprio nome scritto lì tra le grandi che vogliono essere importanti. Picerno lo merita, per la sua storia e per il calcio che ha espresso in tutti questi anni. Lo meritano i suoi giocatori, eroi moderni di un romanzo che attende solo il suo giusto compimento. Lo merita la sua gente, che è sempre stata al fianco della sua squadra, incoraggiandola e sostenendola anche quando il vento contrario spirava troppo forte. Questa storia è iniziata in un tempo passato, in cui tutto ciò sembrava impossibile. Oggi l’attesa si fa febbrile, insopportabile. Dipende tutto dall’ultimo passo, quello più importante.
Dipende tutto da una virgola. Basta, aspettare. Basta aspettare.