6 luglio 2018 – 30 gennaio 2019: un’eternità. Sentirsi “prigioniero” (ai domiciliari, prima, e con il divieto di dimora a Potenza, dopo) è un’esperienza che sul piano umano lascia il segno. Per Marcello Pittella il “calvario” è finito mercoledì scorso con la decisione del Gup di Matera, Angelo Onorati, che ha revocato il divieto di dimora. Determinante sulla decisione del magistrato le dimissioni da presidente della Giunta che Pittella ha presentato il 24 gennaio.
Non ripercorriamo la vicenda giudiziaria del governatore coinvolto nello scandalo sulla sanità lucana, perché dovremmo soffermarci, con tutto il rispetto nei confronti della magistratura, sulle contraddizioni emerse tra quanto affermato dalla Corte di Cassazione che il 26 novembre scorso, accogliendo il ricordo dei difensori di Pittella, dichiarò con estrema chiarezza che non erano emersi “gravi indizi di colpevolezza” tali da giustificare le “esigenze cautelari” a suo carico. E i provvedimenti confermati dal Riesame prima e dal Gip dopo, dai quali la decisione della Suprema Corte è stata ritenuta ininfluente.
Vorremmo provare invece a capire cosa ha significato e cosa può determinare questa vicenda giudiziaria per la politica in Basilicata.
Come sempre accade nei casi nei quali “cade il re”, subito dopo gli arresti di Pittella si è registrato una sorta di “fair play” tra sostenitori veri dell’ex presidente e sostenitori di facciata, rimasti alla finestra in attesa di tempi migliori. Ma le elezioni regionali hanno accelerato tutto, consigliando ai più di andarsi a posizionare o riposizionare e individuando in Pittella il capro espiatorio di tutto quello che di male sarebbe stato fatto in Basilicata. Ergo: “fatti da parte”.
Maurizio Bolognetti, con il suo linguaggio sempre incisivo parla di “una nuova categoria politica (si fa per dire): gli anti-pittelliani, uniti dall’odio”. Questa nuova categoria è alla ricerca di una sua unità e, vogliamo sperarlo, di una strategia programmatica con la quale presentarsi all’elettorato. Vogliamo sperarlo perché, in questi mesi, di programmi si è sentito parlare ben poco. Molto invece di strategie ad excludendum per impedire che Pittella potesse ricandidarsi.
In alcuni passaggi di un dibattito che non ci appassiona, ci è parso d’intravvedere non l’odio del quale parla Bolognetti, ma certamente una sorta di ricatto in termini politici. Tutto questo sta frantumando la sinistra e rafforzando le altre forze politiche in corsa alle prossime elezioni.
Intanto Pittella sembra sempre più intenzionato a ricandidarsi. Le sue dimissioni accelerano e accreditano questa decisione. A meno che, per quelle che sono le alchimie alle quali la politica ci ha abituati, in nome di una unità – più ipotetica che reale – dell’intera area del centrosinistra, non si convinca l’ex presidente a “fare un passo indietro o di lato” (sembra quasi una danza!) come si è sentito spesso chiedergli in questi mesi.
Domanda: ma è giusto che lo faccia? E a vantaggio di chi? Qual è l’alternativa a Marcello Pittella candidato presidente? Di nomi non ne leggiamo. Di nomi, intendiamoci, che dovrebbero essere espressione di quella unità che tutti auspicano. Intanto qualcuno ha già deciso di candidarsi…in proprio.
Numerose sono state le testimonianze di stima nei confronti dell’ex governatore. Sono giunte all’indomani delle sue dimissioni. Pur dando per scontato che siano sincere, avremmo preferito che fossero arrivare prima, durante “l’esilio” imposto a Pittella dai magistrati. Ma meglio tardi che mai.