La “Vecchietta” tanto cara ai bambini, e un tantino anche a noi adulti, ormai la sua missione l’ha compiuta. Chi più, chi meno qualcosa nella calza l’ha trovata.
Che cosa abbiamo trovato gli ex lavoratori di Tempa Rossa non lo sappiamo. Sappiamo cosa avrebbero voluto trovare: certezze per il loro futuro occupazionale.
Ieri, martedì, 8 gennaio, hanno nuovamente presidiato l’ingresso del Dipartimento regionale alle Infrastrutture, in attesa che dall’incontro convocato dall’assessore Roberto Cifarelli, al quale hanno partecipato anche i rappresentanti di Total, Enimont, sindaci dell’area interessata dall’attività estrattiva e rappresentanti sindacali, uscisse una parola rassicurante.
Palpabile la tensione di chi ritiene che non sia stato fatto abbastanza per tutelarli.
A tranquillizzarli, almeno lo si spera, la conferma da parte di Total che nelle nuove assunzioni sarà data priorità ai lavoratori della zona che potranno candidarsi attraverso un sistema informatico che la società ha messo loro a disposizione.
Ma questa degli ex lavoratori di Tempa Rossa è solo una delle vertenze tuttora aperte che il 2018 ha consegnato al nuovo anno.
Ci sarà molto da fare a tutti i livelli, soprattutto politico-amministrativo, per dare risposte certe. Per creare nuove opportunità occupazionali soprattutto per i giovani.
Abbiamo accolto con particolare interesse la notizia che dal prossimo anno accademico nell’Università della Basilicata sarà attivo il corso di laurea triennale sperimentale a orientamento professionale in “Tecniche per l’edilizia e la gestione del territorio” (LEGGI ARTICOLO) che prevede, fra l’altro, tirocinio curriculare di almeno 50 cfu (crediti formativi universitari), svolto in collaborazione con i collegi provinciali dei Geometri di Potenza e Matera.
Professionalizzare meglio i giovani potrebbe consentire loro di mettersi più facilmente sul mercato? Probabilmente si.
I giovani. Ci viene in mente, pensando a quanti sono costretti ad andare fuori a cercare lavoro, una frase del discorso che il Papa ha rivolto loro in occasione del sinodo.
“Quando Dio disse ad Abramo «Vattene», che cosa voleva dirgli? Non certamente di fuggire dai suoi o dal mondo. Il suo fu un forte invito, una vocazione, affinché lasciasse tutto e andasse verso una terra nuova. Qual è per noi oggi questa terra nuova, se non una società più giusta e fraterna che voi desiderate profondamente e che volete costruire fino alle periferie del mondo?”.
Una società più giusta e fraterna. Dovrebbe essere scontata. Invece giorno dopo giorno ci rendiamo conto che così non è.
Non lo è perché una società giusta rispetta l’altro: chi cerca lavoro, chi ha bisogno di cure, chi è solo. Che rispetta la dignità della persona.
Una società fraterna è una società che accoglie l’altro, indipendentemente dal colore della pelle; che non lo lascia per diciotto giorni su una nave in balia delle onde; che non lo butta in strada privandolo anche di quell’unica possibilità di avere un luogo dove ricoverarsi.
Una società “più giusta e fraterna” che i giovani vogliono costruire, dice il Papa. Ma non lasciamoli soli.
Ognuno faccia la sua parte.