L’analisi delle dinamiche evolutive della criminalità lucana conferma cointeressenze nella Regione tra gruppi, organizzati e non, di diversa origine geografica, anche straniera, la cui operatività si integra con quella delle consorterie locali, che tollerano che sul territorio vengano effettuati traffici di droga e di beni di provenienza illecita, in transito anche per altre regioni.
Lo sostiene la Direzione Investigativa Antimafia nella relazione relativa al secondo semestre dello scorso anno che sostanzialmente conferma la situazione registratasi nei primi sei mesi del 2017 allorquando si afferma che “per la peculiare collocazione geografica, la regione continua, infatti, a risentire dell’influenza di criminali di diversa estrazione: pugliesi (responsabili, tra l’altro, sul territorio lucano di reati di natura predatoria), campani, ma soprattutto calabresi, con quest’ultimi diventati, assieme agli albanesi, punti di riferimento per l’approvvigionamento degli stupefacenti.
Particolare attenzione è stata rivolta dagli apparati investigativi lucani al contrasto di condotte criminali che impattano sul settore agroalimentare ed al c.d. “lavoro nero”.
Al riguardo vale la pena di richiamare l’indagine “Red Zone”, conclusa, nel mese di dicembre, dalla Polizia di Stato con l’arresto di tre cittadini pakistani e tre lucani residenti a Nova Siri.
A titolo esemplificativo, si segnala che il 28 settembre 2017 ed il 9 ottobre 2017, a Matera, a conclusione di articolate attività investigative supportata da accertamenti di laboratorio effettuati dal R.I.S. Carabinieri di Roma, sono stati indagati complessivamente 6 pregiudicati pugliesi ritenuti responsabili di furti e tentati furti presso sportelli bancomat/postamat.
Come dimostrano i sequestri di droga operati anche nel semestre in esame. In tale contesto, pare inquadrarsi il tentato omicidio di un cittadino ghanese verificatosi a Policoro il 22 settembre 2017.
Il 20 dicembre 2017, a Nova Siri, nell’ambito dell’operazione “Red Zone”, la Polizia di Stato ha dato esecuzione al provvedimento del Gip presso il Tribunale di Potenza a carico di 119 indagati, di cui 6 posti agli arresti in carcere e domiciliari (molti irreperibili, non identificati e residenti in altre regioni italiane), ritenuti responsabili, a vario titolo ed in concorso tra loro, del reato di associazione per delinquere finalizzato al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e della permanenza illegale in Italia.
Contestualmente l’A.G. ha disposto il sequestro preventivo di due strutture aziendali attive nella compravendita di autoveicoli, di quote societarie, (pari al 60% del totale) di un’azienda agricola, di venti autoveicoli, di c/c bancari e postali, di dossier titoli e di depositi a risparmio.
Nel semestre in esame, attività info-investigative hanno riguardato anche reati in danno dell’ambiente, “che costituiscono, purtroppo, il prezzo che la Regione paga alla promessa di ricchezza proveniente dalle risorse naturali del territorio, ad oggi non adeguatamente mantenuta a causa dell’ingordigia degli imprenditori del settore e dell’inefficienza dei controlli degli organi amministrativi a ciò preposti…”.
Il 13 novembre 2017, a Sasso di Castalda, un soggetto è stato indagato per abbandono di rifiuti pericolosi.
Il 12 dicembre 2017, a Rotondella (MT), sono stati denunciati rappresentanti di imprese operanti nello smaltimento di rifiuti radioattivi, nonché amministratori locali, ritenuti responsabili di smaltimento illecito di ingenti quantitativi di acque inquinate da sostanze pericolose, cancerogene e con presenza di radionuclidi, accumulate all’interno di vasche di “stoccaggio” in un impianto di Rotondella (MT) e riversate, senza trattamento, direttamente nel Mar Jonio tramite condotta dedicata.
La situazione in provincia di Potenza
Resta invariata, rispetto al precedente semestre, la dislocazione dei vari gruppi criminali presenti in provincia, la cui apparente, pacifica convivenza sarebbe dettata, più che da una comune strategia criminale, dalla pressante azione da parte della Magistratura e delle Forze di Polizia.
Neanche le recenti scarcerazioni di elementi apicali delle locali consorterie sembrano avere inciso su tale situazione di equilibrio.
Nel potentino permane l’operatività del clan MARTORANO-STEFANUTTI, colpito, lo scorso semestre, dall’importante indagine “’Ndrangames”, che ne ha evidenziato le connessioni operative con la ‘ndrangheta del crotonese nel settore del gioco illegale, nonché la propensione ad una gestione manageriale degli affari illeciti.
In controtendenza si pongono, invece, alcuni elementi di spicco del clan DI MURO, peraltro arrestati per reati minori.
Si cita, da ultimo, la scarcerazione avvenuta il 13 agosto 2017 del capo carismatico del clan CASSOTTA.
Conclusa dai Carabinieri il 30 marzo 2017. Gli indagati, a vario titolo ed avvalendosi del metodo mafioso, fino al mese di luglio 2015 hanno agevolato la cosca GRANDE ARACRI di Cutro ed il clan potentino MARTORANO-STEFANUTTI nell’illecita raccolta delle scommesse on line attraverso apparecchiature elettroniche collegate in rete a siti esteri oltre che attraverso videogiochi e apparati elettronici del tipo “New slot” e “Totem” sprovvisti delle necessarie concessioni.
Ciò conferma che anche la mafia lucana “si sta avviando verso il più moderno modello di mafia degli affari”, risultando evidente il tentativo di evolvere verso forme imprenditoriali di gestione dei propri interessi, puntando, allo stesso tempo, alla “co-gestione” dei cospicui flussi finanziari nei diversi ambiti dell’economia legale.
Si registrano, infatti, segnali di contiguità tra imprese operanti quali affidatarie di servizi pubblici e soggetti organici alla criminalità organizzata.
In particolare, tra le attività di contrasto eseguite nel semestre in esame, è emblematico il sequestro preventivo eseguito a Potenza, nel mese di ottobre, dalla Polizia di Stato, del compendio aziendale di un’impresa operante nella produzione di gabbioni metallici, reti per recinzioni e reti paramassi, per un valore complessivo di 6 milioni di euro, riconducibile ad un pregiudicato lucano ritenuto contiguo al menzionato clan MARTORANO-STEFANUTTI.
Sebbene in diminuzione, anche nel secondo semestre 2017, sono emersi episodi estorsivi, per lo più eseguiti con il metodo del “cavallo di ritorno”, ai danni di aziende agricole e di piccole imprese commerciali.
Permane una stratificata ed articolata attività di gestione del mercato degli stupefacenti, settore che, per l’alta remuneratività, resta di interesse comune per gran parte dei gruppi autoctoni. L’attività di contrasto effettuata nel semestre dalle Forze di Polizia ha comportato la disarticolazione di alcune formazioni criminali dedite allo spaccio di stupefacenti nella Val d’Agri. il 21 agosto 2017 dal GIP presso il Tribunale di Potenza, a carico di cinque soggetti ritenuti i componenti di un gruppo criminale dedito allo spaccio di stupefacenti in numerosi paesi della Val d’Agri. L’inchiesta ha consentito di accertare che gli indagati, nel periodo ottobre 2015/aprile 2016, si approvvigionavano di eroina, hashish e metadone, acquistandoli sulla piazza di Taranto.
Provvedimenti della magistratura a carico di 6 indagati ritenuti responsabili della gestione di una fiorente attività di spaccio di marijuana e hashish, prevalentemente acquistati in Calabria.
Provincia di Matera
In provincia di Matera continua la calcolata ed opportunistica convivenza tra gli storici clan SCARCIA e MITIDIERI-LOPATRIELLO ed i gruppi SCHETTINO-PUCE-LO FRANCO e RUSSO-VENA.
Gli interessi turistici ed economici legati alla città di Matera, nominata tra l’altro “Capitale Europea della cultura per l’anno 2019”, con il presumibile, conseguente incremento delle opportunità di crescita dei mercati, leciti ed illeciti, potrebbero accrescere l’interesse dei gruppi criminali delle aree limitrofe. Come accennato nell’analisi generale delle dinamiche regionali, le consorterie lucane risultano perlopiù attive nel settore degli stupefacenti, anche grazie ai consolidati rapporti con la criminalità calabrese, pugliese e campana, oltre che con quella di nazionalità albanese, per il tramite di connazionali stanziati sul territorio.
Le menzionate cosche, pur dotate di autonomia gestionale delle attività illecite, avrebbero convenuto non solo la suddivisione delle piazze di spaccio, ma anche, all’occorrenza, il mutuo scambio e approvvigionamento di stupefacenti sui rispettivi territori di competenza.
Significativa, in proposito, l’attività conclusa il 7 ottobre 2017, ad Altamura, dall’Arma dei carabinieri, che ha disarticolato un gruppo criminale lucano dedito allo spaccio di sostanze stupefacenti.
Nel corso delle investigazioni è stato accertato come il figlio del boss del clan SCARCIA, con la complicità di terzi, si sia reso protagonista di un fiorente traffico di droga, approvvigionandosi da un pregiudicato altamurano di marijuana, hashish ed eroina, che poi trasportava e spacciava in Policoro.
Resta stabile il fenomeno delle estorsioni in danno dell’imprenditoria, agricola e turistica (settori trainanti dell’economia lucana), passando attraverso lo sfruttamento della mano d’opera clandestina, la commissione di reati di natura ambientale quali, fra tutti, lo smaltimento di rifiuti tossico-radioattivi in violazione delle normative di riferimento.
Appare degno di interesse l’arresto, in esecuzione di un ordine di carcerazione, eseguito dai Carabinieri a Nova Siri il 18 ottobre 2017, di un imprenditore calabrese, appartenente alla ‘ndrina PARRELLO.
Da ricordare il sequestro anticipato dei beni mobili registrati, immobili e rapporti finanziari, per un valore di un milione e seicentomila euro, riconducibili ad un pregiudicato lucano ritenuto responsabile di usura aggravata ed estorsione nonché all’intero nucleo familiare.