La Basilicata non è una regione per mamme, è questo quello che emerge dall’analisi svolta in collaborazione fra ISTAT e Save the Children nel rapporto “Le Equilibriste: la maternità in Italia”.
Decidono di diventare madri sempre più tardi – l’Italia è in vetta alla classifica europea per anzianità delle donne al primo parto con una media di 31 anni – e rinunciano sempre più spesso alla carriera professionale quando si tratta di dover scegliere tra lavoro e impegni familiari: il 37% delle donne tra i 25 e i 49 anni con almeno un figlio risulta inattiva. Una scarsa o inesistente rete per la prima infanzia e poco sostegno per le donne che decidono di diventare madri.
In un Paese in cui la denatalità ha toccato un nuovo record, registrando la nona diminuzione consecutiva, le mamme italiane hanno pochi figli, con un numero medio per donna pari oggi a 1,34, che torna ai livelli del 2004, dopo aver raggiunto il suo massimo di 1,46 figli nel 2009.
Un tasso di disoccupazione delle donne, e in particolare delle madri, tra i più alti in Europa, discriminazioni radicate nel mondo del lavoro, forte squilibrio nei carichi familiari tra madri e padri, poche possibilità di conciliare gli impegni domestici con il lavoro, a partire dalla scarsissima offerta di servizi educativi per l’infanzia.
Questo è quanto emerge dalla ricerca include l’Indice delle Madri e che identifica le Regioni in cui è più o meno facile essere mamme, elaborato dall’ISTAT per Save the Children, che misura, attraverso 11 indicatori, la condizione delle madri rispetto alle tre diverse dimensioni: la cura, il lavoro e i servizi; dove il miglioramento di una dimensione può essere strettamente correlato al miglioramento delle altre. Inoltre, quest’anno, l’indice evidenzia anche i principali mutamenti che hanno interessato la condizione delle madri dal 2004 a oggi e gli eventuali miglioramenti o peggioramenti nei diversi contesti territoriali.
Dal rapporto emergono notevoli differenze tra regioni del Nord – sempre più virtuose a parte poche eccezioni – e quelle del Sud, troppo spesso carenti di servizi e di sostegno alla maternità. In linea di massima, però, la ricerca sottolinea un peggioramento generale dell’Italia per quanto riguarda l’accoglienza dei nuovi nati e il sostegno alle loro mamme.
La Basilicata è l’ultima regione d’Italia per quanto riguarda l’area della cura preceduta da Puglia (20° posto), Abruzzo (che crolla al 19° posto rispetto al 14° dell’Indice Generale) e la Sardegna (che perde tre punti attestandosi alla 18° posizione). Da sottolineare i casi della Sicilia che nell’Indice della Cura occupa l’11° posto e non più le ultime posizioni e della Campania che occupa il 16° posto. Le Province autonome di Trento e Bolzano mantengono il loro primato seguite da Lombardia (3° posto), Piemonte (4°), Emilia-Romagna (5°) e Veneto (6°).
La seconda area riguarda il lavoro femminile. La Basilicata si piazza tra le Regioni in coda, al 17° posto. Anche qui le Province autonome di Trento e Bolzano si confermano al primo e al secondo posto, seguite da Valle d’Aosta (3° posto), Lombardia (4°), Emilia-Romagna (5°) e Veneto che passa dall’8° posto nel 2012 al 6°. La Sicilia fanalino di coda è preceduta da Campania (20° posto), Calabria (19°), Puglia (18°).
Tra il 2004 e il 2017, i dati evidenziano un netto peggioramento per la stragrande maggioranza delle regioni. Dopo un periodo di crescita registrata fino al 2008 si può infatti vedere, in termini di caduta dell’indice, tra il 2008 e il 2012 l’impatto iniziale della crisi cui segue l’ulteriore forte recessione tra il 2012 e il 2017. Osservando i singoli indicatori il tasso di occupazione decresce vistosamente per le giovani con età compresa tra 25 e 34 anni (-6 pp.), aumenta lievemente per le donne 35-44enni (+0,9 pp.) e registra incrementi maggiori (+7,1 pp.) per le donne nell’ultima classe di età considerata di 45-54 anni. Circa un terzo delle donne che non ha mai lavorato e neanche tentare di trovare un lavoro è costituito da mamme, e tra i motivi più frequenti dell’impossibilità di una ricerca di un impiego vi sono quelli familiari.
L’ultima area, quella che riguarda i servizi, permette di esaminare la competitività territoriale delle nostre regioni rispetto ai principali servizi educativi per l’infanzia. Anche qui la Basilicata la troviamo infondo, al 17° posto. Ancora una volta, la provincia di Trento si attesta al primo posto, seconda la Valle d’Aosta seguite da Friuli-Venezia Giulia (3° posto), Toscana (4°), Marche (5°). Per quanto riguarda i servizi, è il Lazio che si attesta all’ultimo posto preceduto da Sicilia (20°posto), Calabria (19°), Campania (18°).
I bambini sotto i tre anni accolti in servizi comunali o finanziati dai comuni variano dal 18,3% del Centro al 4,1% del Sud. I divari territoriali fra il Mezzogiorno e il resto del paese sono enormi: nel Nord-Est e nel Centro Italia i posti censiti nelle strutture pubbliche e private coprono il 30% dei bambini sotto i 3 anni, al Nord-Ovest il 27% mentre al Sud e nelle Isole si hanno rispettivamente 10 e 14 posti per cento bambini residenti.
“L’indice sulla condizione delle madri che presentiamo grazie alla collaborazione con ISTAT non deve essere solo uno strumento di analisi, ma la base di un effettivo impegno da parte delle istituzioni ad ogni livello. È inammissibile che in un Paese come il nostro, dove il numero di nuovi nati è in costante diminuzione, si riservi così poca attenzione, al di là della retorica, alla maternità e che le mamme debbano affrontare in solitudine continui ostacoli legati alla cura dei figli così come alla conciliazione della vita familiare e professionale. Sappiamo che i primi “mille giorni” dei bambini sono fondamentali per la crescita, eppure proprio in questo periodo così decisivo manca l’assunzione di responsabilità pubblica. Occorre scardinare questo circolo vizioso” dice Raffaela Milano Direttrice dei di Save the Children.