I Carabinieri del Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia di Potenza hanno proceduto alla notifica dell’avviso all’indagato della conclusione delle indagini preliminari, della nomina del difensore di ufficio, dell’informazione di garanzia e sul diritto di difesa, nonché dell’avviso di deposito di decreti di pagamento, emessi dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Potenza, nei confronti di 19 soggetti, ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione per delinquere, operante nelle province di Brindisi, Napoli, Potenza e Cosenza, finalizzata allo sfruttamento della prostituzione ed al furto aggravato di energia elettrica, reclutando, favorendo ed agevolando il meretricio di donne e transgender italiane e straniere, anche mediante la concessione in subaffitto di appartamenti locati da ignari proprietari, inserti pubblicitari, accompagnamenti, fornitura di biancheria, preservativi ed altro supporto logistico, necessario per lo svolgimento dell’attività illecita, compresa la donna per le pulizie negli appartamenti, gli asciugamani, le salviette, le lenzuola, i cuscini, il lubrificante e la riscossione del canone di locazione.
L’attività di indagine, avviata nel mese di gennaio 2017 e proseguita per circa dieci mesi fino all’ottobre 2017, prende le mosse da un controllo operato dai militari in via Messina a Potenza, ove veniva accertato che le occupanti di un appartamento in affitto, ognuno in una stanza, vestite con abiti succinti, fruivano di energia elettrica mediante allaccio abusivo. I carabinieri, incuriositi dall’arredamento scarno e dalla presenza di soli letti, iniziavano ad effettuare i primi accertamenti e grazie ad idonei servizi di osservazione e pedinamento, notavano un vero e proprio via-vai dalla palazzina.
Le investigazioni, condotte anche mediante l’ausilio di attività tecnica di intercettazione, consentivano appurare che a capo dell’associazione vi era una donna, napoletana, classe 1983, la quale, in qualità di promotrice ed organizzatrice, intesseva una serie di relazioni e di attività finalizzate a gestire, in virtù di contratti di locazione a lei intestati o ad altri sodali, talvolta anche con documenti falsi, alcuni appartamenti ubicati tra Napoli, Potenza, Brindisi, Rende, Cosenza e Cassino, all’interno dei quali venivano ospitate giovani donne e transessuali, quasi tutti provenienti dal Sud America, al fine di esercitare la prostituzione.
La giovane, dietro il pagamento di somme che oscillavano tra i 50 euro giornalieri e le 250/350 euro settimanali, a lei versate tramite ricariche postepay, fisicamente procurava gli appartamenti, situati in zone appartate, tali da assicurare segretezza e discrezione, reclutava le prostitute e le prelevava dalle stazioni ferroviarie.
Un ruolo particolare assume anche il padre della donna allorquando, per sovvenzionare eventuali esigenze e fornire necessarie garanzie economiche alla figlia, diventava una sorte di “fideiussore”, poiché titolare di busta paga. Difatti, in una conversazione emerge il progetto della donna di riciclare il denaro mediante l’acquisto di una villa che materialmente il padre doveva donarle, poiché in passato aveva già richiesto dei prestiti e quindi l’operazione finanziaria era giustificata e non destava sospetti.
Gli “choffeur”, ossia coloro che avevano i compiti di prelevare ed accompagnare le donne, ricevevano quale compenso dai 20/30 euro.
Veniva poi sequestrata anche una vera e propria agenda contenente, annotata, la situazione debitoria delle donne e dei pagamenti.
Al fine di meglio capitalizzare i guadagni e gli introiti, in ogni appartamento locato veniva costituito un allaccio abusivo alla rete di energia elettrica, al fine di non contabilizzarne i consumi. Ulteriore forma di entrata era la differenza tra la somma base di locazione degli appartamenti ed i guadagni ricavati con le richieste ad ogni singola prostituta, le quali, generalmente, restavano negli appartamenti massimo una o due settimane.
Gli altri componenti del gruppo, fornivano, a loro volta, analoghi contributi, quali la manutenzione degli appartamenti, piccole riparazioni oppure prelevano le donne all’aeroporto o alla stazione.
Veniva, in tal modo, posto un freno allo sfruttamento ed esercizio della prostituzione.