Stefano Mele, 22 anni residente a Calvello, lo conobbi quando, da giornalista della Tgr Basilicata, m’interessai di un problema che gli stava particolarmente a cuore: la mancanza di una pedana nell’autobus che collegava Calvello a Laurenzana, impedendogli di viaggiare con i suoi compagni di liceo.
È passato qualche anno. Si è diplomato. Oggi studia Scienze Sociali all’università ”Suor Orsola Benin Casa”. È diventato un personaggio perché Stefano, la disabilità, la sfida. Per lui, affetto da distrofia muscolare di Duchenne, la disabilità non è un handicap ma un “avversario” da vincere. E questa sua forza, questa sua voglia di vivere le trasmette agli altri, utilizzando i moderni strumenti di comunicazione.
“Sono molto attivo nel sociale, faccio parte di molte associazioni che si occupano di volontariato ed una delle cause che mi stanno maggiormente a cuore è la lotta contro la distrofia muscolare di Duchenne”. Si presenta così sul suo blog che ha uno slogan “Dopo amare, il verbo aiutare è il più bello del mondo”.
Su Facebook cura una rubrica di meteo dal titolo ”Il meteo anch’io democratico”, dove oltre a fare le previsioni meteo, racconta ciò che accade nel suo paese e in Italia. “Vorrei dare spazio a tutte quelle persone che vogliono parlare della loro storia e della propria disabilità, perché in fondo ognuno di noi possiede una diversità che si traduce in ricchezza, per sé e per gli altri. Perché è dalla diversità che si inizia a costruire una società”.
Ufficio Stampa Basilicata ha messo a disposizione di Stefano uno spazio, iniziando a pubblicare questo suo articolo sulla disabilità.
“La Disabilità non esiste, il concetto è molto utopistico ma in Italia ci sono tre milioni di persone in queste condizioni.
Nello scorso secolo ci sono stati momenti nei quali molte persone con disabilità sono state eliminate, imitando le scelte che facevano nell’antica Grecia e nella civiltà Romana quando si decideva di toglierle queste persone perché erano un peso per la società.
Abbiamo avuto periodi in cui tutti erano portati in manicomio, perché l’Italia ancora non aveva leggi per attuare l’inclusione sociale.
Oggi chi vive una disabilità grave come la mia, non può dimenticare che ci sono altre persone che vivono con malattie molto aggressive. Vedere molti bambini che hanno queste malattie il cuore si chiude in un dolore che non si può descrivere.
Ci sono molte difficoltà. Partiamo dalle barriere architettoniche che ogni giorno limitano le persone con disabilità. Ostacoli in alcuni luoghi pubblici.
Per chi vive su una carrozzina sa che su un marciapiede, può trovare lampioni, non incontrare la rampa; oppure le auto parcheggiate sui parcheggi riservati.
Parcheggiare nei parcheggi riservati è un reato penale, in più c’è una sanzione con due punti in meno sulla patente.
Anche per chi non è vedente e non udente, ci sono ancora mille ostacoli. Quindi bisogna far rispettare la legge sulle eliminazioni delle barriere architettoniche e realizzare la piena eliminazione le barriere architettoniche tuttora esistenti.
A ogni persona con disabilità vanno garantiti i diritti per una vita autonoma e inclusiva. Oggi noi dobbiamo scegliere il nostro futuro.
Mi aspetto che la politica regionale del sociale che ascolti noi utenti prima e durante i tavoli; non dopo.
Perché se ogni regione fa a modo uso, preferirei fosse creato un tavolo come si fa per la sanità.
Voglio ricordare che diversità è una ricchezza. Non è vero che non creiamo posti di lavoro. Il problema è che le strutture, come i centri socio-educativi, devono avere un calendario preciso come le scuole non stare chiuse per molto tempo.
Ricordo il bellissimo ‘C’Entro Anch’io’ di Calvello, un ringraziamento va chi ha amministrato prima e ora.
Molto sulla disabilità è stato realizzato, molte leggi e tanto resta da fare.
Voglio dare un consiglio per chi vive una disabilità: affrontare la vita in pieno e farsi sentire. Tutti uniti in rete possiamo fare più.
Dobbiamo fare come una squadra di calcio: l’attaccante può anche segnare in contropiede ma le altre volte anche un centrocampista può segnare. Certo non si vince sempre ma almeno ci abbiamo provato.
Siamo stati partecipi, del nostro futuro”.