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Letto Lo scalatore. Dietro quella curva. (Capitolo 10)
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Lo ScalatoreStorie

Lo scalatore. Dietro quella curva. (Capitolo 10)

USB - Ufficio Stampa Basilicata 30 Novembre 2017
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Si innamorò talmente tanto di via Torraca che alla fine prese un appartamento in fitto proprio in quella strada. Una soluzione piccola, ottima per lui, ma buona anche per poter ospitare un’altra persona. Con il vicino di casa, un giovane sociologo con la passione per la fotografia, andarono subito d’accordo, tant’è che non ebbe alcun problema a lasciare la sua bici fuori nel pianerottolo. Affittando quell’appartamento aveva risolto due problemi in una volta sola: la praticità e la comodità di uno spazio tutto suo, senza più l’incubo di fare e disfare le valigie; poter vivere la città da un altro punto di vista, quasi a metà tra la periferia ed il centro. Si era anche avvicinato all’ufficio ma non perse la buona abitudine di andare a pranzo da Riccardo. Il lavoro da fare era aumentato e le scadenze si rincorrevano, la buona cucina del piccolo bistrot era uno dei benefit che voleva concedersi, insieme al jazz club ed alla sua bicicletta.  Ormai lo chiamavano tutti “lo scalatore”, a lavoro c’era anche chi gli aveva regalato una copia del libro “Dino Buzzati al Giro d’Italia”, un’antologia uscita nel 1981 degli articoli dello scrittore e giornalista, redatti per il Corriere della Sera durante il Giro d’Italia del 1949.  Nella sua agenda, per questo fine settimana, c’erano due grandi appuntamenti: giro in bicicletta al lago e una gita a Matera per fare i sopralluoghi ad una delle tante sale della città dei Sassi, dove si sarebbe svolto una due giorni organizzata da un centro studi internazionale.
Una parte del suo impiego era tutta legata all’organizzazione di eventi, alle PR ed alle relazioni con i media, per questo l’evento del weekend era una buona occasione per fare tutto e appuntare sul suo taccuino ogni dettaglio utile per l’organizzazione dell’evento di lancio del progetto sul quale stava lavorando. Tolta la frenesia del lavoro, la sua vita potentina procedeva con piacevoli risvolti. Con Elettra ed Egon, due nomi che spesso facevano a cazzotti con le loro radici meridionali, aveva ormai stabilito un buon rapporto, fatto di dialoghi orizzontali e qualche confidenza. Una sera si incontrarono nella solita birreria di via Pretoria, Hops, dove sapevano che ad aspettarli c’erano ottime birre ed una playlist di musica molto ricercata. Quando vuoi trascorrere delle ore piacevoli in un posto speri sempre che a farti compagnia ci sia dell’ottima musica e del buon bere, per questo sceglievano sempre quella alehouse piccola ma molto accogliente. Così, tra una IPA ed un panino, sulle note dei Radiohead a far da tappeto, lui gli parlò del weekend materano, senza riuscire e trattenere l’emozione di poter vedere con gli occhi nudi la dolente bellezza dei Sassi.
“Prima un giro in bici, al lago.” “Chiaro, sei o non sei lo scalatore?” – disse Egon “Poi torno a casa, mi faccio una doccia e via verso Matera” “Bella idea. Sai già come andare?” “Dovrei fittare un’auto, oppure potrei prendere…” “No, treni non ce ne sono…” – disse Elettra “Ah.” “Già, purtroppo è così” – rimarcò Egon “Si, ma da qui è un’oretta di autostrada, è comodo arrivarci” –  spiegò Elettra “Ok ragazzi. Arrivarci è facile, ma una volta lì che si fa?” “Una volta finito di lavorare, potresti lasciarti andare, farti trasportare dai sensi, dalla meraviglia, farti condurre dallo stupore che solo una bellezza eterna come Matera sa provocare” – disse Egon estasiato, come se fossero lì a guardarla insieme. “Senti, ma perché non prendi la mia macchina?” – gli disse Elettra “Ma no, tranquilla. E’ una trasferta di lavoro, mi rimborsano.” “Ma da! Te la presto, tranquillo. Sai guidare, no?” “Ma certamente, che credi!” “Allora è fatta. ““Grazie, Elettra. Non so come ricambiare adesso.” “Non devi farlo. Mi fa piacere poterti dare una mano.” “Grazie. Davvero. Voi qui al Sud siete persone speciali, riraccontano sempre male” “Già. Ma tu ci aiuterai a cambiarla questa narrazione!” “Lo farò. E’ una promessa.” 
Continuarono a chiacchierare e a scegliere la musica giusta per quella serata, poi, poco dopo la mezzanotte, si salutarono ed andarono a dormire. La mattina alle sette era già sveglio, ormai il suo bioritmo era notevolmente cambiato e quelle belle dormite di una volta erano un lontano ricordo. Colazione con latte, caffè ed una mela. Vestito da biker, prese la sua due ruote con pedali e se andò verso il lago.  Il freddo delle prime luci del giorno lo avvolgeva, ma dopo i primi quindici minuti pedalati il suo corpo era già caldo e pronto alla discesa. Da via Torraca curvò verso la strada che lo avrebbe portato alla zona industriale. Un rettilineo lungo e largo costeggiato da palazzi, grandi supermercati, negozi di ogni genere, bar, uffici pubblici ed il terminal dei bus. La strada era agevole, veloce scorreva sull’asfalto consumato dal tempo e bruciato dal sole. Alla sua destra le rotaie della ferrovia, un treno che correva via verso chissà quale destino, poi alberi ed un muro di pietra. Non aveva mai fatto quella strada, sapeva solo che era dritta e con delle leggere salite, ma per uno come lui, dopo le pendenze della città, ormai più nulla era un problema.
Arrivato al lago, si meravigliò nel vedere quello specchi d’acqua stagnante a pochi passi da casa sua. Il sole si era fatto già più caldo ed il traffico era colorato dalle auto in fila verso i negozi della zona commerciale. Salita dopo salita, con passo lento ma deciso, ritornò a casa. Una doccia, un’ultima occhiata alla borsa preparata la sera prima, le chiavi della macchina di Elettra in una mano, il telefono nell’altra, uscì di casa e si avviò per Matera. Attraversò le dolomiti lucane, poi il confine delle due provincie, il lungo spazio a tratti deserto della Basentana, alcune gallerie e poi prese lo svincolo per la città dei Sassi. Un’ora e poco più all’ingresso della città, dieci minuti per parcheggiare, un momento infinito e ed inteso di bellezza nuda e cruda. Non riusciva a credere ai suoi occhi, la bellezza dei Sassi gli aveva tolto le parole. Prima di dirigersi verso l’albergo restò lì. Muto, a contemplare ogni affaccio sui sassi. Tirò fuori dalla tasca la sua Moleskine e iniziò a scrivere con la piccola matita appuntita.
Tu credi di attraversarla ma è lei che ti attraversa. Tu credi di guardarla ma è lei che ti osserva. Eterna, immortale, sembra immobile, irreale. Ti parla, ma se la stai ad ascoltare. Non urla ma sussurra. Non indica ma suggerisce. Illumina lo sguardo e l’anima, incendia il cuore e gli occhi.
Prese in mano il telefono e con l’aiuto del navigatore se ne andò verso il suo albergo. Un posto antico e bellissimo nel cuore dei Sassi, un incanto per gli occhi che non avevano mai visto tanta bellezza. Arrivato, si diresse subito alla reception per fare check-in e lasciare in camera la borsa.
“Benvenuto signore, la stavamo aspettando.” “Grazie. E’ molto bello qui, compimenti.” “Grazie a lei. Prima volta a Matera?” “Si, la prima volta. E non sarà l’unica. Non ci sono parole per quanto è bella.” “Già, anche io non mi sono ancora abituata a tutta questa bellezza. E pensare che qui sono nata e qui ho studiato.” “Che fortuna!” “Non dica così, questo è un bel posto ma è pieno di difficoltà e di problemi. La gente va via perché non si trova lavoro. Comunque, questa è la sua camera. Dimenticavo di dirle che c’è una persona che la sta aspettando al bar.” “Una persona? E chi?” “Una ragazza, si chiama Veronica. E’ arrivata qui due ore fa. Dice di avere un appuntamento con lei. La conosce?” “Ah! Si, la conosco. Grazie. Girò l’angolo, dietro quella curva c’era Veronica,  seduta su una poltroncina di nabuk, che beveva un caffè.

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