Il nome Ousmane, che mutua dall’arabo Uthman, divenne molto popolare grazie al terzo califfo musulmano Othmàn ibn Affàn, dal quale ebbe origine anche il nome dell’Impero Ottomano. In lingua araba il nome Ousmane assume molteplici significati: il primo è legato ai i cuccioli delle otarde, famiglia di uccelli tipici del continente africano; il secondo, legato proprio al califfo Othmàn, è sinonimo di sinonimo di generosità, sincerità e purezza di cuore; il terzo, non di certo per importanza, è “il prescelto”. Ognuno di questi tre significati calza alla perfezione per il numero 8 del Potenza calcio, Ousmane Diop. Classe 1994, nato a Thiès, città del Senegal a forte trazione industriale, nota al mondo per la grande produzione di arazzi e per aver dato i natali al cantante Habib Koité, Diop è uno dei protagonisti dell’ottimo avvio di stagione del Potenza di Ragno e Caiata.
Sa essere duro quando serve, gli tocca per ruolo e per vocazione, in netto contrasto con gli occhi gentili e bellissimi delle ragazze e dei bambini che colorano il Viviani con la loro allegria. Prendete una qualsiasi zione del Potenza e noterete come la corsa e la determinazione di Diop siano uno degli elementi sui quali si poggia il gioco, a tratti effervescente, messo in scena dagli 11 rossoblù.
“Vai Diop!” gli grida mister Ragno dal suo rettangolo verde, e lui prende subito fiato, coraggio e velocità, senza risparmiarsi mai. I paragoni si sprecano, gli applausi non sono mai abbastanza. Entusiasma la curva e riscalda le tribune con i suoi stop e le continue palle rubate agli avversari. Ha istinto purissimo e senso geometrico del gioco, non molla mai, resta lì, sempre lì, lì nel mezzo, finché ce n’ha sta lì. L’ex centrocampista del Manchester United, Roy Keane, raccontò così il suo ruolo tra gli altri “diavoli rossi”: “Sono un mediano d’interdizione. La mia parte in squadra è questa, impedire che la palla filtri dal centrocampo. Conosco bene i miei punti di forza e quelli deboli. Non sono uno che scende in dribbling e insacca da 20 metri, come mi piacerebbe. Capita che mi porti in avanti, se la partita è aperta, e ci provi. Ma il mio lavoro è lanciare le punte: un lavoro senza fronzoli.”
Stesso discorso vale per Ousmane Diop. Il suo calcio è una prosa asciutta, senza parole inutili, senza iperboli, solo l’essenziale visibilissimo agli occhi. Il centro del campo è il suo spazio di azione, taglia, cuce, rammenda, stira palloni e strappa le trame di gioco degli avversari con un fare semplice ma essenziale. Il sarto di Thiès è ovunque: in ogni fase di gioco lui c’è e riesce a determinare l’avvio o la chiusura di quasi tutte le azioni. La sua presenza è imprescindibile per dare copertura all’attacco più prolifico e alla difesa meno perforata del girone H della serie D.
Giocare su tutti i palloni è una metafora di vita che non si addice a tutti. Lo scoramento e la paura vincono spesso sulle umane debolezze, pochi solo coloro i quali riescono a lottare e sudare sempre, su ogni occasione, a difendere e a correre per gli altri. Ad Ousmane tutto ciò riesce bene, lo ha nel sangue. La generosità è la cifra della sua esistenza atletica, il sorriso malinconico di chi ha radici ed affetti lontani è il tratto distintivo che lo racconta più di ogni altra cosa. Ed è proprio nelle sue radici che risiede la forza e la grinta che ci mette in ogni partita, giocata a ritmi impressionanti e con la grinta di chi sa cosa vuol dire lottare e non demordere mai.
Sul tappeto verde Diop usa con equilibrio matematica, geometria a musica. C’è un’armonia che accompagna ogni suo passo, ogni suo passaggio, ogni volta che ruba la palla agli avversari risuonano le note di Water no get enemy del Black President nigeriano Fela Kuti, inventore dell’afrobeat ed uno degli artisti africani più influenti del ventesimo secolo.
Difficile non affezionarsi al calciatore senegalese, impossibile non riconoscergli grandi qualità e determinazione. Il prescelto, sarto del centrocampo, con il suo inconfondibile stile swag e la sua vivacissima giovinezza, ha già conquistato il cuore di tifosi, grandi e piccini, del Potenza. La simpatia non gli difetta, la voglia di vincere nemmeno. Forza e coraggio, fratello Ousman, “vento ardente, vento puro, vento della bella stagione, brucia ogni fiore, ogni pensiero vano, quando la sabbia ricade sulle dune del cuore”. (Léopold Sédar Senghor, poeta senegalese)