Semmai ce ne fosse stato bisogno, aumentano dubbi e perplessità sulla questione petrolio in Val d’Agri dopo che la stessa Eni conferma la presenza di ammine nel pozzo di reiniezione di Costa Molina 2. Lo fa puntualizzando che si tratta di 100 milligrammi a litro e che comunque i dati, forniti – è bene chiarirlo – da un laboratorio di fiducia, sono “sovrastimati e non rappresentativi”.
Eni aggiunge che la presenza di ammine filmante è autorizzata dall’Aia autorizzazione integrata ambientale fino a 700 milligrammi per litro.
Cosa era emerso invece dai prelievi di Arpab a Costa Molina 2?
Lo ricorda Maurizio Bolognetti che torna alla carica chiedendo che si faccia chiarezza fino in fondo sulla questione.
“Arpab – scrive il segretario regionale dei Radicali Lucani – nelle sue analisi ha riscontrato la presenza di un’ammina terziaria(MDEA) utilizzata abitualmente dall’industria petrolifera, possiamo affermare che sia Arpab che Eni concordino sulla presenza di Ammine.
L’unica differenza, fatta eccezione per le questioni di “metodica”, sta nel fatto che Arpab misuri la presenza di Ammine in microgrammi, mentre nelle analisi Eni l’unità di misura è il milligrammo.
Arpab, gioverà ricordarlo, – prosegue Bolognetti – ha trovato anche la presenza di dietanolammine e etanolammine, “sostanze pericolose” non presenti tra gli additivi dichiarati dall’ENI “ai sensi della prescrizione n.7 di modifica non sostanziale resa con nota 046217/75AB del 9 settembre 2013.
Se qualche mese fa quelli del “Cane” avevano affermato che la perdita di oltre 400 t. di greggio dai loro serbatoi fosse iniziata “presumibilmente” sei mesi prima dell’apparizione di sostanze oleose nel depuratore consortile di Viggiano, adesso nelle loro analisi sulle acque di processo, reiniettate nel pozzo Costa Molina2, la parola chiave è “potenzialmente”. Occorre con assoluta urgenza, anche alla luce di quanto emerso dal cosiddetto “petrolgate”, che – conclude Bolognetti – qualcuno chiarisca fino in fondo questa vicenda; laddove, credo, si possa concordare su un punto fermo: le ammine non dovrebbero esserci affatto”.
Intanto il pozzo Costa Molina 2 è chiuso dopo il provvedimento della Giunta Regionale e della questione, per quanto c risulta, si sta interessando la Procura della Repubblica di Potenza che non ha mai chiusa l’inchiesta Totalgate.
Per dovere di cronaca siamo andati a rileggere una nota di Eni pubblicata sul sito ufficiale qualche tempo fa.
“Il Dipartimento Meridionale garantisce la salvaguardia dell’ambiente e la gestione dei potenziali impatti derivanti dalle attività operative attraverso l’uso di tecnologie d’avanguardia e un controllo capillare del territorio, effettuato attraverso una vasta rete di monitoraggio. Il sistema di gestione ambientale di Eni in Val d’Agri è certificato UNI EN ISO 14001:2004, uno dei migliori standard internazionali. Inoltre il sistema di gestione dell’energia è certificato secondo lo standard ISO 50001: 2011“.
Dopo aver scoperto che per mesi c’è stato uno sversamento di idrocarburi dal Cova senza che nessuno se ne accorgesse se non quando il petrolio è fuoriuscito da un tombino dell’impianto di potabilizzazione dell’Asi; se anche l’Eni afferma, con valutazioni che non rassicurano, che nel pozzo di reiniezione di Costa Molina 2 c’è presenza di ammine, tutto questo “controllo capillare del territorio” non ci sembra che venga effettuato.
Non possiamo non concordare quindi con Bolognetti quando afferma che “a quanto pare l’incertezza regna sovrana in casa Eni e viaggia sul filo sottile di parole e formule dubitative”. Un motivo in più affinchè si faccia definitivamente chiarezza estendendo le verifiche all’intera condotta che da Viggiano porta il greggio a Taranto.