Il problema della carenza di sangue in Basilicata al punto da condizionare l’attività chirurgica negli ospedali è stato sollevato dalla dr.ssa Clelia Musto, direttore del Dipartimento Diagnostica di Laboratorio e del Servizio Immuno-Trasfusionale dell’azienda ospedaliera San Carlo di Potenza con una nota che abbiamo pubblicato nei giorni scorsi.
La dr.ssa Musto, e ancor prima, le associazioni Avis e Fidas avevano invitato a donare ma sembra che l’invito non abbia dato risultati.
Sulla questione sangue interviene Genesio De Stefano, consigliere delle sezioni comunale e provinciale Avis di Potenza Genesio De Stefano, che per 25 anni ha ricoperto cariche associative sia come presidente regionale dell’Avis che come vice presidente nazionale.
Nella nota inviata alla stampa, De Stefano parla di “precise responsabilità associative, tecnico-sanitario e politiche” che avrebbero determinato, da qualche anno, una sempre maggiore carenza di sangue che – dice – “danneggia in forma prioritaria i politrasfusi, gli ammalati chirurgici e tutti coloro che hanno di sangue”.
Su questo problema, Genesio De Stefano, è pronto ad un pubblico confronto nelle sedi più opportune perchè si spieghi i motivi per i quali si è giunti a questa situazione in una regione, la Basilicata, che era indicata come modello a tutti i livelli.
“Non è più accettabile – ricorda, a riguardo – che un sistema che aveva avuto il riconoscimento della London School University di Londra; che aveva acquisito la leadership di tutti gli indicatori in Italia afferenti al sistema sangue; che aveva consolidato la propria autosufficienza inviando fuori Regione oltre 4000 unità di sangue, anche nel periodo estivo o invernale; che era stata indicata dal Centro Nazionale Sangue come Regione Pilota di tutto il Sud d’Italia e non solo, da qualche anno a questa parte, è in continua crisi e, il più delle volte, si approvvigiona fuori regione, a discapito – sostiene – della sicurezza trasfusionale, del rispetto delle leggi dello Stato e delle norme sanitarie che regolano il settore.
L’ aver perso 12.000 unità di sangue in soli 3 anni – prosegue De Stefano -, l’aver chiuso l’lnfo Point Sanitario presso l’Università, l’aver acquistato due autoemoteche inidonee, l’aver messo in discussione senza alcun motivo la delibera n.35 sui punti di raccolta, il non funzionamento dei comitati per il buon uso del sangue; l’aver messo in discussione ogni giorno, secondo la convenienza, le norme sanitarie sulla donazione del sangue, hanno determinato – conclude De Stefano – questa condizione di continua carenza”.