E’ stata inaugurata il 7 luglio scorso, negli spazi del Museo archeologico provinciale di Potenza, Intramœnia. Nuovi aspetti dell’arte in Basilicata, una mostra collettiva d’arte contemporanea prodotta, curata e allestita in totale indipendenza dagli stessi artisti coinvolti.
Un’occasione rara, perché rari sono gli eventi d’arte contemporanea in Basilicata, ancor più rari gli eventi che si pongano su un piano di aperta indagine del contemporaneo, e praticamente inesistenti – non solo in regione – gli eventi di iniziativa spontanea che raccolgano professionalità e sguardi diversi intorno a un mandato sociale e a un’attenta considerazione degli immaginari collettivi, fuori da qualsiasi logica di mercato e da qualsiasi aspettativa di profitto.
Alcune opere esposte
Tre queste, però, una in particolare, quella dell’artista Dario Carmentano, ha fatto gridare alla blasfemia il Popolo della Famiglia che in una nota a firma della signora Valeria Giorgio in Fasulo chiede se tali opere possono definirsi realmente “arte” e come sia possibile che in una pinacoteca pubblica venga ospitata una mostra le cui foto offendono.
Ecco l’opera “incriminata”
La nota di Valeria Giorgio in Fasulo (Popolo della Famiglia)
L’arte è arte, non si discute. Ognuno deve essere libero di esprimere il proprio estro, la propria personalità, la propria cultura. La propria libertà finisce dove comincia quella altrui. Ma, fuori dai luoghi comuni, chiedo alle Istituzioni, soprattutto al presidente della Provincia di Potenza Nicola Valluzzi, e alla Regione Basilicata che ha concesso il patrocinio, è possibile che in una pinacoteca pubblica venga ospitata una mostra le cui foto offendono? Fosse anche solo il Popolo della famiglia Basilicata a ritenerle offensive, è possibile che uno spazio pubblico venga concesso per esporre diapositive nelle quali la figura della Madonna viene usata per coprire le nudità di altre donne, lasciandole chiaramente immaginare? E’ possibile che una foto ritragga una persona con le corna con alle spalle l’aureola tipica delle statue dei Santi? E’ possibile esporre il ritratto di una madonna mimetizzata, volto e mani incluse? E possibile accettare che vengano esposti simboli religiosi in contesti che religiosi a noi proprio non paiono? Nel banner di presentazione si legge di una “scena artistica che agisce in un contesto di ricerca con prospettiva globale e che testimonia la possibilità di un sud che non si esaurisca nel peso di una subalternità, determinata su base economica”. Si legge anche che la mostra rappresenta una tappa intermedia nella costruzione di un volume a carattere saggistico, che immagino possa incontrare l’interesse, il favore e probabilmente anche finanziamenti pubblici. Chiediamo a chi è solito riferirsi a noi che ci limitiamo a notare quanto accade, apostrofandoci come bigotti ultracattolici, a chi confonde laicità con laicismo, a chi equivoca anche l’essere ateo con la blasfemia, a chi arriva a definirsi cattolico accettando qualunque cosa in ragione di una libertà che non comprendiamo, sicuramente per mancanza di cultura, si tratta di opere d’arte? Ritenete, come è scritto sempre nella presentazione, che retorica e mura fittizie possano essere combattute attraverso queste immagini e, sempre attraverso queste immagini, si possa trasferire all’esterno un’idea diversa di Basilicata? A noi piace la Basilicata delle tradizioni, del rispetto, della cristianità, dei Santuari, delle persone umili, delle persone capaci, delle persone lavoratrici, delle bellezze architettoniche, delle bellezze naturali, della storia, dell’archeologia. E riuscire a far conoscere questa Basilicata e questi lucani potrebbe essere già un traguardo ambizioso e prezioso da raggiungere.
Valeria Giorgio in Fasulo
La risposta dell’artista Dario Carmentano
Le immagini possono avere una grande potenza comunicativa, e qualora lo si volesse, possono diventare un efficace strumento di manipolazione: tutti i grandi poteri da sempre utilizzano simboli e immagini per affiliare a sé i popoli.
La religione cristiana ha una secolare esperienza nell’uso delle immagini e si è da sempre avvalsa della creatività degli artisti per “inventare” le figure di Gesù, della Madonna, di San Giuseppe, dei santi, degli angeli e dei demoni. Tutte queste Beate Figure sono state inventate intenzionalmente, di sana pianta: non sappiamo se Gesù fosse nero o bianco, se fosse calvo, o grasso; sappiamo che è stato rappresentato bello, alto, magro, con gli occhi azzurri e uno sguardo bonario e compassionevole. Altrettanto vale per ogni figura sacra. Stiamo parlando di un processo di idealizzazione in cui caratteri somatici sono un chiaro trasferimento di caratteri divini e di perfezione morale: sono belli e buoni per trasferire nell’animo dei credenti – e del clero nello specifico, custode di questo grande patrimonio artistico e religioso – le stesse virtù. Nei secoli sono state prodotte milioni di queste immagini finanziate da tanti prodighi devoti che spesso per devozione si sono fatti raffigurare in ginocchio insieme ai Santi.
Alcune religioni, sia per onestà intellettuale che per coerenza morale, non sono scese a nessun compromesso e hanno vietato la produzione di immagini divine, conoscendo benissimo la forza manipolatoria delle immagini e ritenendo blasfema qualsiasi rappresentazione di Dio. Quindi tutte le immagini religiose occidentali, per buona parte dell’oriente, sono ritenute blasfeme.
Sulla scorta di questo antico esempio, molti editori oggi seguono lo stesso percorso: per far leva su sentimenti e istinti umani si avvalgono di artisti (scenografi, fotografi, coreografi, costumisti) e, senza stare a inventarsele, scelgono ragazze belle e bone. Producono e pubblicano delle immagini su carta patinata che fruttano loro tanti bei soldini. Poi accade che un artista, un giorno, si ritrovi per necessità nell’ufficio di un importante ente pubblico e osservi una situazione inaspettata: vede appeso alla parete un crocifisso e di fianco proprio una di quelle immagini con belle donne nude.
L’artista, da addetto ai lavori, rileva lo stato di fatto della realtà contemporanea: la religiosità convive con una disinvolta esposizione della nudità femminile, pervasiva al punto da manifestarsi anche nella tv di stato. L’artista va a casa, strappa la pagina di una rivista erotica su cui è raffigurata una foto di tre belle ragazze che tanto somigliano alle tre grazie, rappresentanti delle tre forme dell’amore: Castitas (la Castità), Voluptas (la Voluttà) e Pulchritudo (la Bellezza). Recupera un santino della Madonna delle Grazie ricevuto in cambio di una elemosina e ripete l’accostamento delle immagini come visto nell’ufficio pubblico esposto allo sguardo di tutti, ma da tutti inosservato.
L’artista non ha colpa. Fa da testimone e rende tutti testimoni di una dimensione della realtà contemporanea in cui convivono nella più grande disinvoltura sacro e profano, e lo fa proprio per denunciare l’uso manipolatorio delle immagini di cui anche tanti benpensanti rimangono vittime o artefici.
Dario Carmentano
La mostra resterà in esposizione fino al 29 ottobre 2017.