Riceviamo e pubblichiamo con particolare interesse la nota che l’Ordine degli Psicologi della Basilicata ci ha inviato su un fenomeno, Blue Whale Challenge, che sembra stia dilagando tra i giovani.
Siamo convinti che informare sulle emergenze educative dei nostri tempi – e questa si aggiunge a tante altre – sia indispensabile per fare prevenzione ed evitare in molti casi tragedie
“Blue Whale Challenge vuol dire “balena blu”, ed è il nome di una moda che si sta diffondendo tramite il web e sembrerebbe derivare dall’immagine della balena spiaggiata che, arenata su una battigia, finisce per morire.
Pare sia un fenomeno nato in Russia intorno al 2015, che avrebbe provocato il suicidio di molti adolescenti; tuttavia, nonostante se ne parli tanto, non ci sono prove che dimostrino il collegamento dei suicidi (anche quelli russi) al Blue Whale.
Si parla in termini di “fenomeno mortale” o “gioco dell’orrore” fino a scatenare una vera e propria psicosi che porta ad associare immagini di balena e segni di autolesionismo a suicidi annunciati in nome della presunta social mode.
L’unico elemento certo è l’allarmismo che si è scatenato negli ultimi giorni e che ha portato genitori e insegnanti a segnalare numerosi casi sospetti, fortunatamente rivelatisi infondati.
Tuttavia è bene chiarire che questi fenomeni che si diffondono tramite il web rappresentano un pericolo subdolo soprattutto per bambini e adolescenti che sempre più spesso utilizzano le nuove tecnologie in maniera inconsapevole.
Tra i meccanismi che si celano dietro al Blue Whale c’è la manipolazione mentale che, attraverso la suggestione, può indurre i ragazzi a compiere atti progressivamente sempre più pericolosi.
Il cervello nella fase della crescita è in costante modalità recettiva e con pochi strumenti freni inibitori, tali fenomeni appaiono come delle sfide, come delle azioni che devono essere fatte perché non se ne comprende la pericolosità. Ci si nasconde dietro una falsa identità con l’illusione che non possa accadere nulla di brutto.
Il pericolo concreto è l’emulazione di manifestazioni autolesionistiche come il cutting, attraverso cui i ragazzi esprimono un malessere interiore; il dolore fisico che potrebbe avere la funzione di esorcizzare il dolore psichico, il senso di inadeguatezza e la paura del futuro.
Potrebbe essere utile quindi invitare genitori e insegnanti a osservare attentamente ciò che fanno i ragazzi e, soprattutto, cogliere tempestivamente eventuali cambiamenti comportamentali che potrebbero essere il campanello d’allarme di un momento di disagio.
Allo stesso modo, se si è a conoscenza di amici e/o compagni di scuola che seguono il Blue Whale, oppure se si è stati inseriti in qualche gruppo di Facebook, Whatsapp o altri social che invitano all’autolesionismo, è importante parlarne con un adulto, il quale potrà a sua volta contattare uno psicologo e/o la Polizia Postale.
L’ascolto, l’attenzione e la corretta informazione sono il primo grande passo per avere bambini, ragazzi e adulti consapevoli”.