Di seguito la nota dell’ex esponente del Partito Democratico, Giovanni Petruzzi.
Da quando Roberto Speranza, insieme a tantissimi compagni/e con cui ho condiviso tappe importanti del mio percorso politico, ha lasciato il Pd ed ha fondato Articolo Uno, vivo un profondo travaglio interiore che interroga la mia coscienza sulle forme e le modalità con cui proseguire l’impegno politico, che rappresenta, sin da ragazzino, la principale bussola della mia esistenza.
Nella mia mente è affiorato il medesimo storico interrogativo, che già Lenin si pose all’inizio del secolo scorso: CHE FARE?
Restare nel Pd- quell’amalgama mal riuscito che doveva fondere, contaminare ed oltrepassare le principali culture politiche riformiste italiane che hanno liberato l’Italia dal nazifascismo, scritto insieme la Costituzione più bella del mondo e varato leggi che hanno modernizzato e civilizzato il nostro Paese- inesorabilmente trasformato nell’appendice personalistica di un capo che ne sta modificando la natura e la connotazione marginalizzando idee e valori tipicamente di sinistra ?
O approdare in una forza limpidamente progressista ma potenzialmente vocata ad un ripiegamento identitario e minoritario, estraneo alla tradizione ed alla cultura della sinistra di governo ?
Ossia, continuare a lottare all’interno di un grande contenitore politico, copia sbiadita dei partiti di massa del XX secolo, per cercare di affermare l’egemonia politico-culturale della sinistra riformista, nella consapevolezza che nell’immediato ad essa sarebbe toccato un ruolo di minoranza e che la mutazione genetica in atto avrebbe potuto condurre ad un approdo centrista, o partecipare ad un’avventura politica, esaltante ed appassionante dal punto di vista della coerenza tra pensiero ed azione ma con insito il rischio di militare in un soggetto di mera testimonianza formatosi più per garantire la sopravvivenza parlamentare del ceto dirigente che per offrire una credibile prospettiva di governo ?
Avrei preferito non trovarmi di fronte a questo dilemma e che Speranza e compagni avessero partecipato al congresso del Pd, pur con il rito abbreviato e con le regole promo domo Renzi con cui si è celebrato.
Magari, al termine del congresso, tenendo unita tutta la componente di sinistra, si sarebbe anche potuto decidere di costituire un nuovo soggetto politico progressista ma nel frattempo si sarebbe compiuta l’ultima battaglia per evitare la sostanziale fine del progetto originario del Pd e la sua trasformazione definitiva in PdR (Partito di Renzi).
E’ andata diversamente, io ho preferito partecipare alla campagna congressuale, sostenendo Orlando per meglio contrastare Renzi e per differenziarmi dalla variante populista e spregiudicata di Emiliano.
Dopo il congresso, CHE FARE?
Innanzitutto, mi auguro, in sintonia con l’auspicio di Pisapia, che i due distinti soggetti, Pd ed Mdp, liberandosi reciprocamente dalla sindrome degli “ex”, comprendano l’ineluttabilità di un’alleanza elettorale se vogliono avere realistiche prospettive di governo evitando d’interpretare le prossime elezioni politiche con logiche tafaziste o spirito decouberteniano, con il malcelato proposito renziano di nominare parlamentari fedeli al capo e promuovere, dopo il voto, indecenti governi di basse intese con Berlusconi e il centrodestra.
Precisato ciò, senza alcuna forma di rancore ma anche senza alcuna ipocrisia, vado dove mi porta il cuore e, coerentemente a quanto già dichiarato nella recente campagna congressuale, lascio quel che nominalisticamente si chiama Pd ma, di fatto, è il PdR.
Aderisco anch’io ad Articolo Uno, di cui è leader nazionale Roberto Speranza, un lucano coraggioso, lungimirante e con la schiena diritta che ha rinunciato al prestigioso ruolo di Presidente del più numeroso gruppo parlamentare di tutti i tempi della Repubblica Italiana per restare coerente con le sue idee.
Nel Movimento Democratico e Progressista ritroverò i dirigenti politici che, con Antonio Luongo, hanno realizzato il ventennale ciclo vincente del centrosinistra in Basilicata, come Filippo Bubbico e Vincenzo Folino, nonché l’amico Antonello Molinari, con il quale in questi ultimi anni ho riscontrato una profonda sintonia politica, e Peppino Sonnessa, sodale, nella buona come nella cattiva sorte, di gran parte della mia militanza nella sinistra lucana.
Un affettuoso saluto lo rivolgo ai tanti compagni/e ed amici/amiche che credono ancora nel Pd, soprattutto a coloro che insieme a me hanno animato la mozione Orlando in Basilicata, formulando l’auspicio che in futuro il nostro percorso politico possa nuovamente incrociarsi e che comunque insieme, pur se collocati in forze politiche differenti, possiamo contribuire a costruire un avvenire migliore per la Basilicata.
Ringrazio i consiglieri regionali del Pd ed in particolare il capogruppo Roberto Cifarelli per la sensibilità e la fiducia avuti nei miei riguardi.
Da soldato semplice, torno nelle trincee territoriali lucane per iniziare una nuova battaglia politica tesa ad affermare gli inalienabili valori della sinistra: giustizia sociale, equità, pari opportunità, democrazia, solidarietà.
Giovanni Petruzzi