Tra la fine del centro storico di Potenza ed il suo più vicino polmone verde, il Parco di Montereale, vi è un ponte che in questi mesi, e lo sarà per molto tempo ancora, è inaccessibile perché una importante opera di ricostruzione lo sta interessando. Quel ponte così alto, che da un lato si affaccia sulla periferia potentina, e dall’altro, quasi a contrasto, già mostra segni di verde urbano vigoroso ed intenso, non è solo un’infrastruttura di collegamento tra parti della città, ma è anche una buona metafora per rappresentare il rapporto, spesso troppo distante, tra i quartieri e le vie antropizzate ed i suoi luoghi maggiormente preposti all’incontro e all’aggregazione.
Nonostante questa interruzione, il Parco di Montereale è stato il teatro di uno dei migliori racconti di Potenza. Domenica 14 maggio, sotto un sole benedetto e caloroso, gli spazi del parco hanno preso ad animarsi di vita e voci, di dialoghi e racconti, di letture e note. L’evento, organizzato dall’associazione P.A.Z, ha dato una forma diversa a quel luogo, permettendogli di tornare ad essere centrale non solo per la sua posizione geografica, ma soprattutto per la sua naturale funzione, che negli anni si è persa, ma che bisogna recuperare.
In un tripudio di colori e dolci voci di bambini, con il sorriso gentile dei volontari dell’associazione, tra gli artisti e gli scrittori, i musicisti e la lentezza giusta della domenica mattina, una comunità di persone e storie si è ritrovata a condividere spazi ed esperienze, riscattando non solo l’immagine stereotipata e stantia della “città dell’indifferenza”, ma dimostrando quanto sia vero quel racconto di Potenza città visibile, possibile, luogo ideale di nuove forme di aggregazione spontanee e proposte culturali, che nascono dal basso e che nutrono costantemente un sentimento di affetto puro nei confronti della città, dei suoi spazi, del suo destino, dei sui abitanti.
E’ attualissimo il messaggio che Carlo Maria Martini, in una delle sue omelie sulla città raccolte nel volume “Giustizia, etica e politica della città”, aveva affidato nelle sue omelie riguardanti i temi della convivenza sociale. “La paura urbana -diceva il cardinale Martini- si può vincere con un soprassalto di partecipazione cordiale, non di chiusure paurose; con un ritorno ad occupare attivamente il proprio territorio ed occuparsi di esso; con un controllo sociale più serrato sugli spazi territoriali e ideali, non con la fuga e la recriminazione.”
E’ dando un giusto valore ad azioni come quella proposta dall’associazione P.A.Z. che Potenza potrà realmente rigenerarsi, immaginarsi in un tempo nuovo, essere all’altezza delle grandi sfide che attendono il Mezzogiorno e le nostre periferie. Perché il futuro dell’Italia è esattamente nelle città, nella vita che si svolge nelle sue periferie e nei sogni che questi luoghi sanno generare.
O si coglie la vitalità che ha desiderio di esplode in questi luoghi, tra le persone, nelle idee che la alimentano, oppure sarà un male per tutti noi, ottimisti e razionali, militanti armati di pensieri positivi in guerra costante contro gli scoraggiatori militanti, e per coloro i quali non arrendono si all’idea di una società chiusa e paurosa. E’ a questo deserto che oggi dobbiamo opporci, alla pericolosissima idea che il nostro tempo sia quello dei muri e non dei ponti, della mancanza di fiducia e non del rispetto, della paura e non della speranza. Oggi le città potranno rigenerarsi e costruire una nuova identità se non smarriranno le grandi lezioni del passato e se guarderanno con coraggio e ottimismo al futuro.
Ma c’è una cosa che va ricordata, con forza: le città siamo noi, nessuno si senta escluso.