Il Metapontino è una delle “porte naturali” di collegamento tra Europa e Bacino del Mediterraneo ed è l’area agricola che in Basilicata ha più bisogno di manodopera. Per questo insieme a politiche di inclusione degli immigrati, diventa strategico creare intorno al porto di Taranto un sistema logistico basato su una rete di infrastrutture specializzate; tra queste una piattaforma da realizzare a Ferrandina dedicata all’agroalimentare al fine di valorizzare le risorse e le potenzialità delle due regioni Puglia e Basilicata verso i mercati del Medio Oriente.
Lo sostiene Nicola Serio, presidente regionale vicario della Cia lucana, che ha partecipato a Bruxelles alla tavola rotonda sulle proposte Cia per l’Europa dei Popoli lanciate all’VIII Conferenza Economica.
L’iniziativa che si è svolta al Parlamento Ue per ricordare Giuseppe Avolio, lo storico presidente della Confederazione e il suo apporto alle politiche europee e mediterranee di settore, è stata l’occasione per aggiornare le problematiche del rapporto agricoltura lucana-meridionale con l’Europa secondo la parola d’ordine lanciata dal presidente nazionale della Cia Dino Scanavino.
“Più Europa dei Popoli, ora è il tempo della responsabilità. Per tanti agricoltori lucani e meridionali l’Unione Europea – ha aggiunto Serio – è vista come un “nemico”, solo perché negli organismi dell’Ue hanno più peso le lobby agricole del nord-europa. E’ un problema di rappresentanza che va affrontato adeguatamente.
“Un’Europa unita e un Mediterraneo coeso e integrato anche grazie all’agricoltura”: ne era convinto già 25 anni fa Giuseppe Avolio, storico presidente della Confederazione ,ma il suo pensiero oggi risuona ancora più attuale.
“In una fase difficile come quella che sta attraversando l’Unione, tra Brexit e correnti anti-euro, c’è bisogno di un nuovo sogno europeo al cui interno il settore primario rappresenti un elemento di coesione e di crescita. Un’occasione per guardare al passato e creare le basi per un futuro stabile e solido.
L’agricoltura e il cibo – ha sottolineato Nicola Serio – hanno assunto un ruolo chiave; è economicamente più vantaggioso per tutti sviluppare e mantenere buone relazioni tra gli Stati dell’area mediterranea che mettere in piedi barriere di protezione che potranno sempre essere scavalcate -era l’idea di Avolio, com’è stato ricordato durante l’iniziativa-. Sulla via della collaborazione si potrà camminare più speditamente, utilizzando l’agricoltura come punto d’appoggio per altre, più globali, intese”.
Proprio questo pensiero, la necessità di creare le condizioni di una progressiva integrazione, limitando gli approcci nazionalistici, contrattando consensualmente gli spazi di mercato, è quello che serve oggi per rilanciare il progetto europeo e le politiche per il Mediterraneo. Anche rispetto ai flussi migratori.
Non va sottovalutato – ha concluso il presidente regionale della Cia di Basilicata– che delle 10197 assunzioni di lavoratori immigrati in Basilicata, il 56,4% si registra in agricoltura. Oggi un’azienda agricola italiana su tre conta almeno un lavoratore nato altrove, in molti casi (25 mila unità) è anche l’amministratore dell’impresa. In un contesto caratterizzato da un fermo nel ricambio generazionale nei campi (sotto il 7%) e con i titolari d’azienda italiani con un età media superiore ai 60 anni, c’è il rischio concreto di un dimezzamento degli addetti nel settore, entro i prossimi 10 anni. Un pericolo che, secondo la Cia, può essere scongiurato anche con l’ingresso di stranieri in agricoltura.