La notizia arriva da Trieste, dove il Consiglio di Stato ha respinto la richiesta di sospensiva avanzata da due famiglie contro la sentenza del Tar del Friuli Venezia Giulia che aveva confermato la validità della delibera del Consiglio Comunale di Trieste che ha introdotto l’obbligo delle vaccinazioni per l’accesso ai nidi e alle scuole dell’infanzia comunali e convenzionate.
Nell’ordinanza, il Consiglio di Stato ha riconosciuto che “la tutela della salute in età prescolare prevale sulle responsabilità genitoriali”.
La delibera del comunale, approvata il 28 novembre scorso, prevede, per la formazione delle graduatorie del prossimo anno scolastico 2017/18, che i bambini siano stati sottoposti a vaccinazione antidifterica, antitetanica, antipoliomietica e antiepatite virale B.
Contro la decisione, due famiglie si erano opposte in sede amministrativa, ricorrendo al Tar che però a gennaio aveva rigettato l’istanza. Quindi, le due famiglie, si erano appellate all’organo supremo della Giustizia amministrativa, chiedendo dapprima un decreto cautelare del giudice monocratico – rigettato nei giorni scorsi – e quindi una sospensione cautelativa del collegio, in vista dell’udienza nel merito per l’annullamento della pronuncia del Tar.
Nell’ordinanza, notificata all’amministrazione comunale giuliana, i giudici ritengono che l’ordinanza resiste alle censure degli appellanti perché “coerente” con la legislazione italiana in materia di vaccini e perché non confligge con i principi di precauzione in materia di salute. Come per i giudici di primo grado, infine, la tutela della salute in età prescolare prevale sulle responsabilità genitoriali.
Sulla vicenda l’Ordine dei medici di Treviso ha radiato il dot. Roberto Gava, medico paladino anti vaccini. È il primo caso in Italia.
“Non ha tutelato la salute delle persone – la motivazione alla base della radiazione – non basando le proprie prescrizioni sulle evidenze scientifiche disponibili e sottraendo le persone assistite, e in particolari i minori, a trattamenti scientificamente fondati e di comprovata efficacia». E ancora, è scritto nella motivazione, “per aver denigrato la professionalità e le competenze dei colleghi”.