Un anno fa, il 31 marzo 2016, l’inchiesta sulle estrazioni petrolifere in Basilicata, coordinata dalla Procura di Potenza, «esplodeva» mediaticamente con 60 indagati, sei arresti domiciliari e la sospensione delle attività del Centro Olio di Viggiano, portandosi dietro uno strascico politico dovuto alle dimissioni dell’allora ministro allo Sviluppo Economico, Federica Guidi, per il coinvolgimento dell’ex compagno, Gianluca Gemelli (la cui posizione è stata poi archiviata). Oggi, a distanza di 383 giorni, il gup di Potenza rinvia a giudizio 47 persone e dieci società, tra cui l’Eni, che andranno a processo a partire dal prossimo 6 novembre. L’udienza preliminare è cominciata lo scorso ottobre, ed è andata avanti a tappe forzate per l’alto numero di imputati (69 in totale).
Oggi, nel pomeriggio, la lettura del dispositivo che chiude così la fase preliminare. A giudizio vanno quindi dieci società e 47 persone, tra le quali due ex responsabili del distretto meridionale dell’Eni, Ruggero Gheller ed Enrico Trovato, altri dipendenti della compagnia petrolifera, gli ex vertici dell’Agenzia per la protezione ambientale della Basilicata (Arpab), Aldo Schiassi e Raffaele Vita, alcuni ex dirigenti della Regione, l’ex sindaco di Corleto Perticara, Rosaria Vicino, e molti imprenditori locali.
Otto imputati sono stati invece prosciolti, tra i quali il consigliere regionale della Basilicata Vincenzo Robortella (Pd), e il padre Pasquale, a sua volta consigliere regionale nella precedente legislatura. Assolti anche tre imprenditori (due campani e un lucano), che avevano chiesto di essere giudicati con il rito abbreviato.
Il procedimento ha unito due dei tre filoni che componevano l’inchiesta coordinata dai pm Francesco Basentini e Laura Triassi, ovvero le indagini sullo smaltimento degli scarti di produzione del Centro oli dell’Eni e i lavori per la realizzazione del Centro oli della Total, a Corleto Perticara, in particolare per presunti scambi tra assunzioni e autorizzazioni da parte della precedente amministrazione comunale. Un terzo filone, quello «siciliano», riguardava invece l’ipotesi di stoccare ad Augusta (Siracusa) il greggio estratto in Basilicata, e una rete di «relazioni» tra imprenditori e politici che, secondo la Procura, arrivava fino alle stanze «romane»: questo filone, nei mesi scorsi, è stato trasferito nella Capitale, e la Procura di Roma ne ha poi deciso l’archiviazione.