Quattro anni per Mauro Nardelli (tre estinti per indulto); due anni, pena sospesa, per Maria Pina Sollazzo. Sono le pene inflitte dal Tribunale di Potenza a conclusione del processo sull’intricata vicenda della bancarotta della società italo-cinese Orop mai entrata in produzione nell’area industriale di Tito, nonostante avesse avuto ingenti finanziamenti statali, provenienti dalla legge sulla reindustrializzazione post terremoto dell’80.
La società ha cambiato spesso nome senza che un solo oggetto in oro fosse uscito dallo stabilimento ormai dismesso.
Chi ha seguito molto da vicino la storia di questa vicenda emblematica del fallimento della reindustrializzazione post terremoto è stato Pietro Simonetti (Cseres).
“Alcuni dei protagonisti delle truffe relative alle aziende fantasma “cinesi” di Tito oggi sono state condannate dal tribunale di Potenza. Erano finiti in carcere nel 2014 – precisa in una nota Simonetti – per un’altra bancarotta fraudolenta a danno di Enti e strutture pubbliche con l’emissione di polizze assicurative taroccate per 13 milioni di euro.
Tra gli arrestati c’era anche Mauro Nardelli già amministratore Orop e attuale socio Sinorop. Truffati anche la Presidenza del Consiglio e il Ministero degli esteri oltre a tanti Enti territoriali come tribunali, Prefetture e persino il Ministero dell’Interno. Il gruppo che ruotava attorno alla azienda di Tito in questi anni ha “diversificato” le attività attraverso una rete di relazioni. Nardelli è stato per molto tempo anche contrattualizzato dal Ministero degli Esteri per occuparsi delle attività di consulenza del ministero in Iraq”.
“Il caso della fabbrica dell’oro che non ha prodotto nulla se non truffe, processi e disoccupazione – continua Simonetti – è una delle tante ma resta forse la più grave nel panorama locale e nazionale. Una sfida allo stato di diritto che non può essere ignorata o persa di vista pena la vittoria della pratica della illegalità e di assalto alle risorse pubbliche e la perdita di occupazione.
Il Dipartimento Regionale competente dovrebbe convocare una riunione e procedere alle attività legate alla applicazione delle leggi, al funzionamento dei Consorzi Industriali e la messa a punto di un piano per il riutilizzo dei 100 capannoni vuoti, chiusi o in regime di gestione fallimentare anche per dare risposta ai circa 2600 lavoratori usciti dalla mobilità ed ai tanti disoccupati? Il Dipartimento Attività produttive e il Ministero dell’economia – conclude Simonetti – devono intervenire altrimenti passa la linea dei bancarottieri, dei faccendieri a danno del lavoro e della legalità. Nonostante le sentenze”.