L’editoriale di Nino Cutro
Picchiavano e violentavano coetanei e postavano le immagini sui social, quasi come un trofeo.
Bulli quindicenni: sono loro i protagonisti di questo fatto di cronaca avvenuto a Vigevano (ma non è la location che interessa) che ripropone un problema purtroppo sempre più diffuso che, sebbene monitorato a più livelli, non trova ancora strategie idonee a circoscriverlo.
Perché questo accade?
Accade perché molte volte l’allarme scatta a cose fatte; perché non siamo riusciti a leggere per tempo i segnali premonitori di un disagio nell’adolescente che potrebbe sfociare, come spesso accade, nella violenza contro coetanei. Ovviamente coetanei più deboli, vittime scelte per “accreditarsi” con se stesso e con gli altri.
Viene spontaneo chiederci: dov’eravamo prima? Quanta capacità e disponibilità abbiamo avuto ad ascoltare i nostri ragazzi? Ad interpretare il loro silenzio, i loro sguardi?
Domande, queste e tante altre, che se poste all’indomani dell’ennesimo episodio di cronaca scuotono le coscienze. Suscitano emozioni. Null’altro. Dopo qualche giorno, si riprende la vita normale. Abbiamo già rimosso.
”Sono ragazzate”, “E’ normale”. Le ho sentite spesso queste frasi, anche da parte di genitori che non avevano il coraggio di assumersi le proprie responsabilità, perché incapaci a farlo.
E qui emerge un altro problema: i genitori vanno aiutati a gestire le emergenze educative soprattutto nell’età adolescenziale. Hanno bisogno di non essere lasciati soli. Si parla tanto di rete tra le agenzie educative: famiglia, scuola, associazioni. Che non rimanga una semplice enunciazione.
Bisogna davvero “fare rete”. E lo si potrà fare soltanto se ognuno appieno svolgerà il proprio ruolo nel rispetto dell’altro: i genitori nei confronti degli insegnati e viceversa. Non un atteggiamento burocratico, formale. No.
Un atteggiamento che si possa fondare sulla comune consapevolezza che tutti siamo responsabili del futuro che consegniamo ai nostri ragazzi.
Della proposta educativa che loro facciamo. Una proposta che sia in funzione dello “loro esigenze”, non delle nostre. Non delle nostre aspettative; dei nostri progetti che vogliamo calare dall’alto sui ragazzi.
Solo evitando questi errori, possiamo accompagnarli lungo il cammino che li deve portare a divenire cittadini responsabili, autonomi, liberi. E soprattutto rispettosi dell’altro: che sia bello, brutto, bianco o nero. Non importa.
Quel rispetto che non troviamo nel bullo. E’ una, ma soltanto una, delle motivazioni alla base del suo comportamento aggressivo, violento.
Per questo motivo, anche lui, non solo la vittima, va aiutato. Lo si può fare intervenendo per tempo; comprendendo per tempo quei segnali premonitori che invece spesso si sottovalutano. Evitiamo un’altra Vigevano.