Da giorni Maurizio Bolognetti, segretario regionale dei Radicali Lucani, pone una serie di domande nella speranza che qualcuno risponda e restituisca all’opinione pubblica la verità di quanto è accaduto dopo lo sversamento di idrocarburi da un serbatoio del Centro oli, idrocarburi finiti in alcuni pozzetti del depuratore del Consorzio.
Le domande che pone Bolognetti:
1)Qual è la quantità di greggio fuoriuscita dal Centro Olio Val d’Agri?
2)Quando è iniziata davvero la perdita? Perché il 23 gennaio Argaip, la società che gestisce il depuratore consortile per conto dell’Asi, anziché informare le autorità preposte alla tutela della salute pubblica informa solo ed esclusivamente Eni?
Domande che non hanno avuto finora risposte, che – afferma Bolognetti – si accompagnano però ad alcune certezze:
la perdita di idrocarburi non è stata così insignificante, se nelle comunicazioni redatte dall’Eni, ai sensi dell’art. 242 del Codice dell’Ambiente, è dato leggere che “nell’ambito delle verifiche routinarie effettuate sui sondaggi in cui non viene rinvenuta contaminazione, sono state ritrovate tracce di contaminazione nei sondaggi denominati S12 e S15, limitrofi allo scavo ove originariamente era stato rinvenuto liquido contenente idrocarburi”.
“Non deve essersi trattato di una piccola perdita se – precisa il segretario dei Radicali Lucani – quelli del “Cane” parlano di una contaminazione rilevata in numerosi piezometri realizzati all’interno del Centro Olio, dove è stata registrata la presenza di Cov (composti organici volatili – n.d.r.) fino a 10 metri di profondità.
Le comunicazioni Eni, la cui conoscenza è stata per ora negata ai cittadini lucani, confermano – sostiene Bolognetti – ciò che il mio naso aveva verificato sul campo: il terreno della zona industriale di Viggiano è impregnato di idrocarburi e va sempre più materializzandosi un grave rischio per le falde acquifere.
E allora di nuovo quelle fastidiose domande che sto ponendo da giorni: quando ha avuto inizio la contaminazione e quanto greggio è stato disperso?
Intanto, a forza di scavare qualche certezza emerge. Emerge tra i cumuli di veline e il fuoco di sbarramento innalzato da Eni. Emerge, per esempio,- precisa Bolognetti – dal Piano di indagine esterna al Centro Olio, laddove è dato leggere di “una contaminazione dei terreni a una “profondità variabile dai 4 ai 7 metri”.
Questo contrasterebbe con la nota del 24 febbraio scorso con la quale “Eni ribadisce che non è emersa alcuna evidenza della possibile presenza di idrocarburi a valle dei pozzetti interessati nella zona industriale di Viggiano.
Eni conferma che sono attualmente in corso gli interventi necessari alla messa in sicurezza delle aree coinvolte, anche solo marginalmente, dalla fuoriuscita di greggio e che tutte le operazioni sono svolte nella massima cooperazione con la Magistratura, le Autorità e gli Enti competenti.
Eni, confidando nella correttezza del proprio operato, attende con assoluta serenità gli esiti delle analisi condotte dagli organi preposti alle attività di controllo”.
Che cosa sia realmente accaduto e quali eventuali conseguenze ne deriverebbero per l’ambiente lo verificherà la magistratura che, dopo il sequestro da parte dei carabinieri del Nas del primo pozzetto nel quale sono stati scoperti idrocarburi, ha aperto un’inchiesta nella quale è coinvolta la responsabile meridionale dell’Eni.
Dopo la colorazione marrone dell’acqua del Pertusillo, domani nuovi controlli sollecitati dal Presidente della Giunta Regionale, Marcello Pittella, che ha preannunciato una diffida all’Eni, saranno effettuati dall’Arpab con prelievi di campioni di acqua anche nel fondale.
Il direttore generale dell’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente, Edmondo Iannicelli, ha intanto escluso, sulla base delle prime verifiche effettuate, la presenza nell’invaso di idrocarburi.
“La colorazione marrone riscontrata in alcune zone dell’invaso sarebbe causata – ha dichiarato a Ufficio Stampa Basilicata – da alghe”.
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