Sull’invaso del Pertusillo sono tornati Arpab, carabinieri, vigili urbani. I prelievi di campioni d’acqua, nelle zone nelle quali la colorazione è più scura, saranno analizzati. Mai come questa volta i risultati si attendono con molta apprensione.
Sono stati i sindaci di Spinoso, Montemurro e Grumento a chiedere che si facessero i controlli.
“Non vogliamo fare allarmismo ma abbiamo il dovere di tutelare la salute dei cittadini e l’ambiente” ha detto a Ufficio Stampa Basilicata il primo cittadino di Spinoso, Mario Solimando.
La paura torna, dunque, per quella macchia marrone che si vede sulle acque dell’invaso che fornisce acqua a mezza Puglia e a gran parte dei Comuni del Materano.
E mentre si fanno i controlli, la magistratura ha aperto un’inchiesta dopo il sequestro – il 3 febbario scorso – da parte del Noe dei carabinieri di un pozzetto della rete fognaria esterna al Centro oli di Viggiano nel quale era stato segnalato la presenza di idrocarburi.
Ne dà notizia la stessa Eni con una nota nella quale precisa che l’inchiesta coinvolge la responsabile del Distretto Meridionale della multinazionale.
Nel confermare la massima collaborazione con gli organi inquirenti e la fiducia nell’operato della magistratura, “Eni ritiene che le azioni di messa in sicurezza poste in essere hanno impedito la migrazione del fluido verso l’esterno e che dalle verifiche effettuate finora non si rileva alcuna evidenza di un interessamento della falda acquifera ne’ del fiume Agri e delle acque del Lago Pertusillo”.
E’ quanto ci auguriamo tutti.
Ma intanto, dopo il sequestro del primo pozzetto, in un altro della rete fognaria è stata riscontrata analoga presenza di idrocarburi, che sin dal 25 gennaio scorso era stata segnatala da personale dell’Asi. A questo si aggiunge la denuncia da parte di cittadini – come si legge in una nota dell’Osservatorio Popolare della Val d’Agri – “di miasmi la mattina e la sera percepiti con insistenza proprio dalla parte del laghetto del depuratore Asi”.
Ci si chiede: da quando vi era la perdita, scoperta solo pochi giorni fa in uno dei serbatoi di stoccaggio? Ed ancora: l’ impianto di depurazione dell’Asi ha fatto sufficientemente da filtro impedendo che il greggio si versasse nell’invaso del Pertusillo? L’Eni – come dicevamo – l’esclude, avendo fatto le dovute verifiche. Ma cittadini ed amministratori del Comuni della Val d’Agri chiedono ulteriori controlli e più garanzie.
La denuncia di Bolognetti
Intanto Maurizio Bolognetti, segretario dei Radicali Lucani, parla di un piccolo “giallo” per quanto riguarda le informazioni intercosse tra Argaip, la società che gestisce il depuratore dell’Asi in Val Basento, e Eni.
“In questa storia, al di là del solito tentativo di occultare anche l’evidenza, c’è qualcosa che non torna e questo qualcosa – precisa Bolognetti – emerge proprio dalla denuncia presentata dall’Asi il 25 gennaio”.
Dal verbale che riporta le dichiarazioni dell’ing. Guido Bonifacio, direttore dell’Asi, e di Antonio Zuddas, direttore della società consortile Argaip, risulta che la presenza di idrocarburi nelle vasche del depuratore consortile sia stata rilevata per la prima volta nella giornata del 23 gennaio u.s.
E’ a dir poco lunare quanto dichiarato da Zuddas al Noe: “In data 23 gennaio sono stato avvertito dal capo impianto del depuratore di Viggiano della presenza all’ingresso di sostanze oleose aventi un caratteristico odore di idrocarburi. A seguito della segnalazione ho autorizzato il dipendente ad avvertire il personale Eni di stanza presso il Cova di Viggiano”.
“Sconcerta, e non poco – prosegue Bolognetti – la decisione dei vertici Asi di non segnalare immediatamente agli Enti la presenza di idrocarburi. Avvertire il personale Eni?! E l’Arpab e il comune di Viggiano e la Regione, ecc.? Solo il personale Eni? A quanto pare è andata proprio così”.
Ma cediamo ancora la parola a Zuddas: “I tecnici del Cova, dopo aver campionato la sostanza sospetta hanno provveduto tra il 23 e il 24 gennaio u.s. a rimuoverla con l’ausilio dell’autospurgo”.
Insomma, un po’ come chiedere a un killer di far sparire il cadavere di una persona che ha appena freddato. E non finisce qui. C’è da rimanere letteralmente attoniti quando leggiamo che Zuddas è costretto a chiamare nuovamente i tecnici Eni nella mattinata del 25 gennaio: “Con il termine delle operazioni di spurgo – dichiara candidamente il direttore dell’Argaip – la situazione all’interno dell’impianto sembrava essere ritornata nella normalità. Questa mattina alle ore 8.30 circa, il capo impianto riscontrava la presenza di sostanze simili a quelle già riscontrate precedentemente”.
“Se a questo punto vi state chiedendo se finalmente Asi e Argaip abbiano informato Arpab, Comuni, ecc. voglio immediatamente tranquillizzarvi: no, non lo fanno ancora. Indovinate un po’ chi avvisano? Ma è ovvio, chiedono di nuovo l’intervento dei tecnici Eni”, segnala Bolognetti.
E’ a questo punto, però, che la situazione si ingarbuglia. A farci capire come è sempre l’ottimo rappresentante dell’Argaip: “Questa volta però il mio dipendente mi ha riferito che il personale Eni non sarebbe intervenuto poiché sulla scorta dei risultati analitici sui campioni prelevati il 23 gennaio 2017, a loro dire, è emerso che non si tratta di una sostanza da loro prodotta”.
Tradotto: l’Eni lascia il cerino acceso nelle mani dell’Argaip e dell’Asi, che a quel punto decidono di presentare una denuncia e di informare gli Enti preposti alla tutela dell’Ambiente e della salute pubblica, tra i quali, è bene chiarirlo, non figura l’Eni.
“Nel dichiarare tutto il mio sconcerto, preannuncio – conclude Bolognetti – che nelle prossime ore presenterò un esposto indirizzato alle Procure di Potenza e Lagonegro e ai Noe”.
Per concludere: bisogna sicuramente stare attenti a non creare allarmismo ma, come diceva Giulio Andreotti, “a pensar male si fa peccato ma qualche volta ci si azzecca”. Speriamo che questa volta non sia così.