Il 21 maggio 2005, David Foster Wallace tenne un discorso al Kenyon collage per la cerimonia di consegna delle lauree. Il suo discorso iniziò con il racconto di una storia, tipico dei discorsi nelle cerimonie accademiche americane. La storia era più o meno questa: ci sono due giovani pesci che nuotano uno vicino all’altro e incontrano un pesce più anziano che, nuotando in direzione opposta, fa loro un cenno di saluto e poi dice: “Buongiorno ragazzi. Com’è l’acqua?” I due giovani pesci continuano a nuotare per un po’, e poi uno dei due guarda l’altro e gli chiede: “Ma cosa diavolo é l’acqua?”
Usiamo questa storia perché più di altre ci può aiutare a capire il dibattito nel quale una parte dell’opinione pubblica potentina si è calata, a proposito dell’imminente capodanno Rai.
L’evento, voluto dalla Regione Basilicata ed organizzato dalle strutture Rai, rappresenta, per la città capoluogo di Regione, una novità senza precedenti. Nulla a che vedere con le pur interessanti stagioni del “Maggio potentino”, o con la straordinaria ed entusiasmante endovena di adrenalina e vitalità dei festeggiamenti per San Gerardo. L’evento Rai ha con sé alcuni fondamentali aspetti che è bene ricordare.
Il primo: di cosa stiamo parlando.
“L’Anno che verrà”, questo è il titolo del programma, è una trasmissione televisiva che va in onda, su Rai 1, dal 2003. E’ tra i programmi più noti della stagione televisiva, e che nel tempo ha intrattenuto una media di oltre 5 milioni di telespettatori. Nei 14 anni di vita, il format Rai si è svolto a Rimini, 8 edizioni; Courmayeur, 4 edizioni; Matera, nel 2015/16; ora a Potenza.
Il secondo: lo spettacolo.
A salire sul palco, come dal 2003 a questa parte, saranno volti noti della musica pop italiana, i protagonisti dell’intrattenimento di casa Rai, un’orchestra con oltre 30 elementi (ecco il perché di quel palco così), che si esibiranno per il pubblico in piazza, non moltissimi, e per quello collegato in diretta Tv, la stragrande maggioranza. Essendo un format televisivo, va necessariamente visto ed inquadrato nelle logiche del piccolo schermo, per questo non può essere paragonato ad altri eventi o concerti. Soprattutto non a quelli che si sono susseguiti negli anni, nel grazioso ed elegante centro storico potentino.
Il terzo: il flusso dei turisti (compresi tecnici, autori, giornalisti e dirigenti Rai).
Non ha precedenti questa straordinaria esperienza che le strutture ricettive alberghiere e paralberghiere stanno affrontando in questi giorni. Così come per il settore della ristorazione, dell’intrattenimento e del commercio di prossimità e somministrazione, non solo del centro storico. Linfa vitale nelle vene di un’economia comunale affannata dalla rincorsa, segnata duramente dalla crisi economica contingente.
Il quarto: la promozione, la vetrina, la visibilità.
Sui media maistream italiani, in Tv, sul web, nelle parole dei blogger, oggi Potenza è al centro di una narrazione positiva, anche essa senza precedenti. Città che spesso ha fatto da sfondo a grandi inchieste giudiziarie, al centro di polemiche sulla sua presunta bruttezza (guardatela in questi giorni, è bellissima!), oppure identificata come luogo oscure di trame di potere contro le periferie del nostro scontento, Potenza brilla oggi di una luce autentica e che le dà il palco che finalmente merita. Il punto vero è capire come capitalizzare e dare respiro lungo a tutto questo splendore, ma questa è un’altra storia.
Il quinto: la (possibile e auspicabile) morte della cultura del lamento.
Strettamente collegato al quarto, questo punto è centrale soprattutto per costruire – immediatamente- il follow-up di questo appuntamento. Come scrive Lucia Serino sulle ritrovate colonne lucane del Roma, “sarà una festa esagerata“. Comunque andrà, sarà la festa degli ottimisti e razionali, dei generatori di positività e di chi vorrà divertirsi. Comunque andrà, sarà il funerale laico del lamento, della cultura del disfattismo, della polemica da socialnetwork, della propaganda continua dei conservatori contro il futuro. Sarà la fine di una vecchia storia, fatta di “se”, “ma” e benaltrismo, con i quali molti vorrebbero tornare a riempire la bellissima piazza Mario Pagano, a cui vanno restituiti immediatamente quei “benedetti pali”.
Parafrasando Franco Arminio, Potenza è una monarchia e il suo re è lo scoraggiatore militante. Potenza vuole che i suoi abitanti siano militanti dello scoraggiamento, col grembiule del rancore addosso.
L’acqua dei pesci di Foster Wallace è la realtà che ci circonda e il senso di quel racconto è che, per averne piena coscienza, questa realtà va guardata, studiata, sperimentata, senza averne paura. Ma soprattutto va fatto un ulteriore sforzo: uscire dall’acquario, comodo e rassicurante, e provare a nuotare in mare aperto e a perdifiato. Con il rischio non calcolato di scoprire che ne siamo anche capaci. Pensare ed agire outside the box, è questa la sfida. Chi vuol farlo? Chi è in grado di farlo? Chi ha a cuore il futuro?
C’è altresì bisogno di una nuova narrazione di questi luoghi, con urgenza. Una narrazione che possa tenere dentro ragioni e sentimenti, radici e futuro, che punti a smontare pezzo dopo pezzo i cliché ed i bassi provincialismi di bottega, spesso fatti in casa, che pure abbondano in queste ore che precedono il Capodanno Rai. Arriverà il giorno in cui ricorderemo con un sorriso il sarcasmo e i pessimisti di professione, ma fino ad allora toccherà lavorare seriamente e serenamente alla scrittura di una nuova storia lucana, con Matera in testa, che non è il riscatto del Sud ma che rappresenta una tappa di passaggio naturale. Che viene da lontano e che vuole arrivare lontanissimo.