La presenza in un’affollato Centro Cecilia di Tito del ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda (nella foto di copertina), era un’occasione da non perdere per gli imprenditori lucani per lanciare al Governo la propria sfida e chiedere, sulla base delle proprie potenzialità e della capacità di fare impresa ovunue riconosciuta, un nuovo patto per lo sviluppo della Basilicata. E così è stato.
Il presidente di Confindustria, Pasquale Lorusso, e il coordinatore di “Pensiamo Basilicata”, Paolo Laguardia, lo hanno detto con la passione di chi sa che i tempi sono maturi per un definitivo rilancio in termini produttivi della regione.
“Una regione virtuosa”, ha detto con altrettanta passione il presidente della Giunta Regionale di Basilicata, Marcello Pittella, ricordando gli ultimi dati dello Svimez e, ancor più, i risultati ottenuti negli ultimi anni di sua gestione (vi rimandiamo all’intervista).
Ai dati Svimez ha fatto riferimento anche Pasquale Lorusso, secondo il quale “in questa fase e’ fondamentale finalizzare tutte le nostre azioni verso gli obiettivi di crescita secondo quel modello che ha già visto responsabilmente insieme parti datoriali, associazioni delle imprese, Regione e sindacati”. Industria 4.0 è solo una opportunità che viene offerta per superare il gap soprattutto delle “aree grigie”, come le ha definite il ministro Calenda. C’è sopratutto il grosso potenziale dell’imprenditoria locale che fa ben sperare per il futuro.
“Sgomberando innanzitutto il campo – e’ stato l’appello del coordinatore di “Pensiamo Basilicata”, Paolo Laguardia – da falsi miti come quello di un Sud inetto. O ancora di una Basilicata cenerentola d’Italia. Puntando, invece, su quelli che possono essere i punti di forza di una regione che ha già saputo dare prova di grandi capacità”. Come la pianificazione di obiettivi di sviluppo, anche attraverso il coinvolgimento e l’impegno delle compagnie petrolifere sul territorio e l’intermediazione del Governo. E , ancora, il rafforzamento delle opportunità formative del capitale umano per qualificare le competenze dei più giovani. Al presidente Pittella, invece, il pungolo a lavorare “ con più coraggio e più merito per una Basilicata che ha bisogno di cambiare passo”.
E il presidente Pittella ha colto al provocazione.
“La nostra – ha evidenziato il governatore – è una regione sana, resiliente, che consegue traguardi straordinari grazie ad uomini che fanno grandi sacrifici, ad un gruppo dirigente, nelle istituzioni e nel mondo che produce, che si è fatto strada in Italia, in Europa e nel mondo. Abbiamo grandi realtà industriali nella meccanica di precisione, nell’osservazione della terra, nell’agroalimentare di qualità e nell’automotive”. “Al ministero Calenda – ha detto ancora Pittella – consegno il bisogno e la volontà di procedere nel solco tracciato dal governo nazionale, nel tentativo possibile di raggiungere cifre di sviluppo significative. Ben venga l’atteggiamento di Confindustria e di Pensiamo Basilicata, che provano a creare animazione, a mettere in campo proposte, che provano a costruire e lo fanno con la politica, con le istituzioni, con l’associazionismo e con i cittadini”.
“Con loro – ha detto ancora – abbiamo provato a rilanciare e a ricostruire un patto che recuperasse questa nostra regione, risollevandola dalle macerie, tanto da farle conseguire risultati straordinari”.
Sentiamo Pittella nella seguente intervista
Ha concluso l’incontro il ministro Calenda, il quale, in piena sintonia con il presidente Pittella, ha sgombrato il campo da vecchi luoghi comuni di un Mezzogiorno “riserva”. Si è soffermato sugli investimenti che il Governo ha fatto affinchè Industria 4.0 possa significare strumento di crescita per l’imprenditoria del Sud e più in generale per l’intero paese, per renderla più competitiva a livello internazionale.
Calenda ha anche ricordato tutti gli altri provvedimenti per favorire occcupazione che non può essere garantita attraverso le 200mila assunzioni nel Mezzogiorno, come proposto dal presidente della Campania, De Luca. E’ una delle domande che abbiamo fatto al ministro.
L’intervista