Riprende stamane nella Casa di Spiritualità Sant’Anna di Matera la 17esima conferenza internazionale sulla sindrome di Behçet, organizzata nella Città dei Sassi, Capitale della Cultura 2019, dal prof, Ignazio Olivieri, primario dell’Unità Operativa di Reumatologia dell’ospedale San Carlo di Potenza.
Trecento i partecipanti, provenienti dall’Iran, Giappone, Turchia e da molti altri Paesi di Asia, Africa, America ed Europa. Tra costoro, il massimo esperto mondiale della sindrome di Behçet il professore Hasan Yazici, reumatologo della Turchia; il professor Carlo Salvarani che a Reggio Emilia gestisce con la sua equipe un centro di eccellenza per la cura del Behçet; l’oftalmologo dell’Università di Hokkaido e presidente della Società internazionale per la malattia di Behçet (International Society for Behçet’s Disease – Isbd) Shigeaki Ohno; il reumatologo iraniano del Centro di ricerca di Teheran Fereydoun Davatchi e il medico odontoiatra, specialista in patologie del cavo orale del Centro The Royal London Farida Fortune.
Rispondendo alle domande dei giornalisti, durante una conferenza stampa, organizzata a margine della prima sessione dalla collega Sissi Ruggi, è stata illustrata qual’è la situazione attuale sia a livello nazionale che mondiale per quanto riguarda gli aspetti epidemiologici, i risultati raggiunti a livello scientifico, le novità della ricerca.
La malattia di Behçet, rara e multisistemica- è stato ricordato -, dovuta a fattori genetici ed ambientali, può interessare più organi. Tra le conseguenze più gravi: la cecità e problemi neurologici e vascolari. Non a caso, alla conferenza sono presenti esperti in reumatologia, oculistica, dermatologia, neurologia, gastroenterologia, medicina interna, pediatria, immunologia clinica e genetica, i quali hanno illustrato ed illustreranno oggi i più recenti risultati della ricerca in corso, impegnata soprattutto ad identificare quali possano essere i meccanismi che scatenano la malattia.
L’oftalmologo dell’Università di Hokkaido e presidente della Isbd Shigeaki Ohno ha affermato che, nonostante la frequenza della sindrome sia elevata fra i giapponesi, nell’ultimo decennio si è notata una concreta riduzione dei nuovi casi che da 40 all’anno sono diventati 5. “Crediamo – ha detto il prof Ohno – che ci possa essere una correlazione con l’aumento di allergie che abbiamo registrato. E’ solo un’ipotesi di studio al momento, ma verrà verificata”.
Fra le cause ambientali, anche la maggior attenzione all’igiene orale può essere alla base di una riduzione della severità della patologia, come ha spiegato la specialista in patologie del cavo orale Farida Fortune.
“In Iran – è intervenuto il reumatologo Fereydoun Davatchi – le manifestazioni più gravi sono a carico degli occhi e, avendo a disposizione solo assicurazioni e non fondi pubblici, possiamo curare i nostri pazienti solo con farmaci tradizionali e non con i più costosi biologici”.
La grande differenza di condizioni economiche, in alcuni Paesi come la Turchia, fa sì che non tutti i pazienti possano accedere a diagnosi precoci e cure adeguate, causando aggravamenti del male. Un dato questo sottolineato dal professor Hasan Yazici che ha ricordato anche che la Turchia, il suo Paese, la malattia è molto diffusa e con un decorso più aggressivo.
Rispondendo ai giornalisti, il prof. Carlo Salvarani ha affermato che “in Italia abbiamo centri d’eccellenza che ben dialogano fra loro. E’quanto accade tra quello di Reggio Emilia e l’equipe del professor Olivieri a Potenza. C’è un costante scambio di informazioni e grande supporto per offrire ai pazienti le cure più adeguate. Solo diagnosticando tempestivamente la malattia – ha aggiunto – si riduce l’impatto sulla qualità della vita di chi convive con la sindrome di Behçet. In Inghilterra, come ha detto la dottoressa Fortune, hanno calcolato che fra spese mediche e costi sociali un malato di Behçet costa allo Stato un milione di sterline. Per questo motivo, lo stato inglese ha creato un fondo per i pazienti. Noi specialisti – ha concluso il prof. Salvarani – in Europa collaboriamo e speriamo che si realizzi una rete europea dei centri per la cura della sindrome di Behçet”.
Tra i centri di eccellenza, l’Unità Operativa di Reumatologia dell’Azienda Ospedaliera San Carlo di Potenza, diretta dal prof. Olivieri, tra i massimi esperti mondiali della malattia di Behçet, con il quale collaborano i reumatologi, Salvatore D’Angelo, Pietro Leccese, Angela Padula e Michele Gilio del San Carlo di Potenza, Carlo Palazzi del Madonna delle Grazie di Matera, l’oftalmologa Loredana Latanza di Napoli e la neurologa Gabriella Coniglio.
I pazienti che vengono seguiti sono circa 270, dei quali 40 lucani. A breve l’Unità operativa di reumatologia dell’ospedale San Carlo di Potenza dovrebbe diventare Centro di Ricerca. A tale scopo – come ha confermato il prof. Olivieri – è stato pubblicato un bando per l’assunzione di quattro ricercatori, ad integrazione dell’attuale organico.
A conclusione della conferenza stampa, abbiamo intervistato il prof. Ignazio Olivieri.
La 17esima conferenza internazionale sulla malattia di Behçet, che si concluderà domani, si svolge sotto il patrocinio del Ministero della Salute, della Regione Basilicata, dell’Apt di Basilicata, delle Provincie e dei Comuni di Matera e Potenza, dell’Azienda ospedaliera regionale “San Carlo”, dell’Azienda sanitaria locale di Matera e degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri di Potenza e Matera.