Sono partiti da Potenza l’11 agosto scorso direzione Ulan Bator, Mongolia. Hanno attraversato, a bordo di una vecchia Panda, Turchia, Georgia, Kazakhstan, Uzbekistan, Tajikistan, Kirghizistan, Kazakhstan e Russia per ben 12.000 km.
Loro sono il team di “Tre uomini e una Panda”, Francesco Lence, Pietro Grassi e Emiliano Ragone, unici partecipanti del sud Italia al Mongol Rally, il raid non competitivo, nato nel 2004, descritto dagli organizzatori come “la più grande avventura del mondo”. (Leggi articolo)
Ieri, martedì 6 settembre, Francesco, Pietro ed Emiliano sono arrivati alla meta.
Di seguito il racconto degli ultimi giorni della loro avventura.
Fu notte e fu mattino e venne il grande giorno.
Dopo una estenuante trattativa di ben 14 ore tra documenti controlli e visti autorizzativi alla dogana conclusasi per un pugno di dollari…siamo finalmente in Mongolia.
Per molti sembrava un traguardo, per noi invece solo l’inizio dell’ultima sfida…sicuramente la più difficile.
Attraversare da ovest ad est fino ad Ulan Bator, la capitale, l’intero territorio mongolo non è cosa da poco: un territorio privo di strade ma ricco di impervie!!!
Il primo giorno giorno dormiamo a pochi chilometri dalla frontiera in una tipica capanna mongola in compagnia di altri team.
Il secondo giorno la Mongolia già ci fa capire che non sarà facile percorrerla. Dopo quasi 200 km percorsi in un deserto roccioso privo di asfalto, la polvere e un masso sotto la scocca fermano il ruggito della pandarella: pompa dell’acqua e alternatore fuori uso!
Subito siamo soccorsi dagli altri team che ci trainano per quasi 100 km fino a kvovd, un città alle porte del nulla.
Il terzo giorno grazie al meccanico ufficiale dell’organizzazione la pandarella riprende a ruggire e ripartiamo sempre in compagnia. Un errore di 100 km (in Mongolia non ci sono strade ma solo direzioni) ci comporta un ritardo enorme che si ripercuote su tutto il percorso di viaggio. La notte si campeggia nel deserto in uno scenario da cartolina: cenare alla luce della via lattea è uno spettacolo che lascia senza fiato.
Il quarto giorno è il meteo che la fa da padrona: la pioggia trasforma la sabbia in fango ed i rigoletti in torrenti difficili da guadare. La pandarella ha dei momenti di difficoltà (in sequenza collettore della marmitta staccato, cinghia alternatore saltata, stop circolo dell’acqua motore) ma dopo le innumerevoli ore di scuola passate tra i meccanici di ben 8 stati, siamo noi stessi ora i meccanici. Facciamo ogni volta ripartire la pandarella fino al tramonto quando decidiamo di campeggiare con una temperatura prossima allo zero.
Il quinto giorno riprendiamo il percorso originario e arriviamo finalmente ad Almaly. Nel frattempo altri team si unisco a noi e sembra quasi un arrivo in parata. Dopo una breve sosta rifornimento e viveri guidiamo per altri 200 km per poi campeggiare sulle colline della regione del Govi. La serata passa piacevolmente in compagnia gustando una cena dove facciamo scoprire i sapori della nostra terra.
Il sesto giorno si riparte con la volontà di arrivare in una città dove riposare dopo tanti giorni di campeggio. La distanza non è molta, scarsi 300 km, ma nulla è così semplice come sembra qui in Mongolia. Per percorrerli tutti ed arrivare alla tanto agognata città di Bayanghor ci mettiamo più di 10 h. Un tempo lungo il quale incontriamo di tutto e ci succede di tutto: i bulloni oramai non reggono più le continue sollecitazioni ed il semiasse dal telaio si sgancia. Sembra la fine del nostro viaggio ma quando meno te lo aspetti capita l’imprevedibile. Due persone del posto si fermano al nostro cenno di aiuto e senza che diciamo nulla sono già sotto la pandarella per trovare una soluzione. Dopo solo 30 minuti dove si utilizzano due crick, svariati bulloni per trovare quelli giusti, chiavi di tutte le dimensioni e nazioni, la nostra pandarella è di nuovo pronta per affrontare il viaggio. Omaggiamo i nostri salvatori con una tanica di benzina, svariate foto, ringraziamenti e via fino alla città senza più fermate.
Il settimo giorno è il giorno più lungo del nostro viaggio, l’arrivo a Ulan Bator! Non per lunghezza né tantomeno per la difficoltà del percorso (per la prima volta è tutto asfalto), ma perché ogni chilometro che percorriamo porta con se la fatica di tutti i chilometri percorsi per essere qui dove siamo in questo preciso instante. Il Mongol Rally è una grande avventura, che ti cambia giorno per giorno senza che te ne accorga, che ti fa vivere situazione e sensazioni al limite del possibile, che ti apre i confini rendendoti cittadino del mondo. E, ora che siamo finalmente nella piazza principale di Ulan Bator, la mente torna a tutte le persone che hanno creduto nell’impresa. I ringraziamenti sono doverosi!
Domani si riparte alla volta di Ulan Ude (Russia) altra strada da fare, altri chilometri da percorrere per donare quella è stata la nostra casa per quasi un mese, la mitica pandarella che ha dimostrato che la generosità deve essere il motore delle nostre azioni!
Tutte le foto su https://www.facebook.com/basilicatamongolrally2016/