“Sarà davvero una primavera ‘calda’ per i 354 addetti al centro oli, dove si registrano venti di crisi per la compagnia di Viggiano (Potenza) essendo stata bloccata dal 31 marzo scorso nell’ambito dell’inchiesta sul petrolio in Basilicata. La volontà dell’azienda non fa altro che confermare le nostre preoccupazioni sui segnali negativi che potrebbero registrarsi anche nelle aziende dell’indotto che vede coinvolti oltre duemila operai. Per tanto rivolgendosi al Prefetto di Potenza, dott.ssa Marilisa Magno, l’Ugl chiede che venga al più presto convocata unitariamente alle altre sigle sindacali, per mettere in campo strategie e soluzioni condivise per la tenuta occupazionale in tale territorio”.
E’ quanto chiedono il segretario generale dell’Ugl Basilicata Giovanni Tancredi e il segretario generale Ugl metalmeccanici lucani, Pino Giordano.
Per i sindacalisti, “con la vicenda petrolio si deve aprire una urgente e nuova fase di riflessione avendo in primis piena fiducia nella magistratura nonché sostenerne ed apprezzare la complessa indagine che ha messo in campo. Ma non si può mettere di spalle al muro gli operai che sono oggi i primi e i più deboli da colpire. L’Eni annuncia l’avvio delle procedure per collocare in cassa integrazione ordinaria dei 354 dipendenti, questo ci preoccupa fortemente – proseguono i segretari Tancredi e Giordano –, è il segnale negativo che la società sta mandando in un momento in cui, invece, il comparto del petrolio prima del 31 marzo stava vivendo una fase espansiva a livello nazionale grazie anche all’estrazioni di gregge in Basilicata. L’Ugl pretende che siano forniti presto chiarimenti sul futuro, al fine di evitare che l’importante patrimonio professionale e produttivo nell’azienda, ‘padri di famiglie’ che hanno contribuito a valorizzare il distretto di Viggiano, venga disperso. Il nostro timore – continuano – è che dietro questa scelta ci sia un problema industriale molto più grande e che spegnendo le macchine per una crisi momentanea oggi, si finisca per riaccenderli in un tempo molto lungo. Siamo preoccupati – concludono Giordano e Tancredi – non vorremmo che il destino dei lavoratori lucani potrebbe dipendere anche dalle scelte politiche e imprenditoriali dell’Eni. I circa 2500 dipendenti diretti ed indiretti, in assenza di adeguate risposte da parte delle Istituzioni ed in attesa di definizione del percorso giudiziario, potrebbero essere i primi a pagare il prezzo più alto e le dovute conseguenze di tale incresciosa vicenda”.