Uscire dalla crisi economica significa ridare speranza alle giovani generazioni di poter trovare un lavoro, riportare entusiasmo e soldi da investire nelle casse delle imprese e assicurare un’opera di democratizzazione dei mercati finanziari.
L’accordo sulla supervisione europea rappresenta una notizia positiva ed una tappa attesa ed importante sul cammino di rafforzamento della governance economica europea e di democratizzazione dei mercati finanziari. L’istituzione delle tre autorità di vigilanza europee, e del comitato per il rischio sistemico, risponde alla necessità di portare a livello europeo la supervisione di istituzioni e strumenti finanziari che palesemente sfuggivano ad un controllo concreto da parte delle autorità nazionali. Ma bisogna impegnarsi sin da subito ad una concreta “Exit Strategy” europea che per adesso continua a rimane un puzzle confuso di interventi e buoni propositi che non convince ne i mercati ne tantomeno i semplici cittadini che all’orizzonte non vedono certo rose e fiori.
Stiamo pagando il prezzo del predominio dei governi di destra in Europa e l’applicazione di ricette sbagliate per affrontare seriamente un percorso di risalita della china. Una visione distorta centrata unicamente sull’austerità di bilancio e sull’introduzione di nuove sanzioni per i Paesi che gestiscono male le proprie finanze, ma priva di qualsiasi molla capace di rilanciare l’occupazione e gli investimenti e dare ossigeno alle imprese, visione che ha generato tassi di disoccupazione giovanile mai raggiunti prima. Assistiamo, nei principali Paesi europei, all’applicazione di riforme e tagli alla spesa che calpestano l’uguaglianza sociale e non offrono alcuna prospettiva di reale crescita.
Si sbrighi, il Governo europeo, a presentare una proposta per tassare le transazioni finanziarie, e ottenere, così, maggiori risorse da destinare alle politiche di sviluppo. E si sbrighino i governi nazionali ad accordarsi sugli Eurobond, uno strumento che permetterebbe di raccogliere quelle risorse sui mercati finanziari necessarie per promuovere un piano europeo di investimenti capace di rivitalizzare settori strategici come le reti infrastrutturali e le energie rinnovabili e di conseguenza anche l’indice occupazionale.
È ora che la Commissione europea ed i governi escano da questo stato confusionale puntando alle reali priorità, a cominciare dal lavoro definendo un vero patto per la crescita e l’occupazione, ponendo quest’ultima come principale indice a cui guardare al momento di prendere decisioni politiche. Non possono essere solamente deficit e debito a dettare l’agenda politica.