L’intervento della Corte dei Conti è l’ultimo in una vicenda scandalosa che si trascina da anni, da quando nel 2003 fu costituito il consorzio “La Felandina”, che avrebbe dovuto realizzare in provincia di Potenza , con investimenti di oltre 100 milioni di euro, 15 aziende, e dare occupazione a oltre 600 persone.
Tutto un bluff perchè, come fu accertato da un’indagine della Guardia di Finanza, i dirigenti del consorzio, con la disponibilità di società compiacenti che rilasciarono false fatturazioni, avevano presentato ai ministeri competenti documentazione a saldo di una parte dei finanziamenti assegnati, senza che ce ne fossero i presupposti. Tra l’altro il consorzio non era neanche in possesso dei suoli, sui qualii sarebbero dovute sorgere (ma non è mai avvenuto) le aziende previste dal progetto.
Sulla base di quanto emerso dalle indagini della Guardia di Finanza, il tribunale di Matera nel 2008 condannò 12 persone tra imprenditori e amministratori della società, contestando loro a vario titolo i reati di truffa e reati fiscali in danno dello Stato.
Ora giunge la decisione dei giudici contabili che, nell’esprimere il proprio sconcerto per aver fatto cadere in prescrizione i reati nei confronti di dirigenti ministeriali e banche che pure erano coinvolte nella vicenda – ne fa riferimento nel suo articolo pubblicato su “Il Quotidiano della Basilicata”il collega Leo Amato – ha chiesto che vengano restituiti 14 milioni di euro da parte di coloro che sono stati riconosciuti responsabili del raggiro ai danni dello Stato.
La Corte dei Conti fa rilevare anche che tutto il bluff era già facilmente riscontrabile nel 2007 dalle relazioni inviate al Ministero dalle banche che sostenevano il progetto. Qualcuno probabilmente chiuse un occhio o tutte e due.
Oggi la conferma della portata di una truffa che lascia l’amaro in bocca soprattutto tra quanti speravano in un posto di lavoro, promesso dai dirigenti del Consorzio. Qualcuno, ingenuo, ci credette.