Si è corso ai ripari per evitare quello che qualcuno già definiva un terremoto (e dirlo il 23 novembre è alquanto rischioso) nella sanità lucana.
Cosa stava per accadere? Il 25 novembre prossimo, praticamente fra due giorni, è il termine perentorio entro il quale dovrebbero entrare in vigore le direttive europee che dispongono modifiche sostanziali all’organizzazione della sanità. In particolare a medici e paramedici non più di 48 ore settimanali di lavoro e 11 ore di riposo tra un turno e l’altro.
Se dovessero essere applicare sarebbe il caos, per come finora l’attività medica è stata svolta. In previsione dell’entrata in vigore della nuova normativa e per non incappare in sanzioni, i direttori generali delle Aziende Sanitaria avevano già predisposto una serie di interventi tampone che avrebbero significato accorpamenti, chiusura di reparti, per tutto quello che ciò avrebbe comportato.
Per evitare tutto questo, già sabato scorso il Presidente della Giunta Regionale, Marcello Pittella, aveva convocato con urgenza i responsabili della sanità lucana; ieri ha incontrato i rappresentanti dei partiti che compongono la maggioranza in consiglio regionale; e subito dopo ha riunito la giunta per approvare un decreto legge, con il quale si consente di garantire gli attuali servizi sanitari e il funzionamento ottimale delle strutture fino a luglio 2016. Una proroga, dunque.
Intanto, entro dieci giorni la giunta insedierà un apposito comitato tecnico, composto da rappresentanti della Regione, delle Aziende ed enti sanitari per definire la nuova organizzazione della sanità in Basilicata. Questa volta nel rispetto delle direttive regionali.
Con il disegno di legge che Pittella ha chiesto che venga subito portato in consiglio regionale per l’approvazione – una richeista in tal senso è stata trasmessa al presidente Lacorazza – le Aziende sanitarie sono autorizzate, fino al 31 luglio 2016, ad assumere peronale a tempo determinato.
Insomma, scampato pericolo. Ovviamente quando si parla di proroghe a normative che si dovrebbero applicare c’è sempre il rischio di qualche ricorso o che il Governo impugni la legge. Un rischio da correre. Ma intanto si eviterà chiusura o accorpamenti di reparti, ipotesi che ha messo già sul piede di guerra molti sindaci soprattutto della Val d’Agri.