Ne abbiamo parlato con Pietro Simonetti del Coordinamento Migranti della Regione Basilicata.
Di seguito, l’intervista che ci ha rilasciato.
Simonetti, dopo la morte di alcuni lavoratori, il problema del caporalato si è riproposto con tutta la sua gravità. L’impressione è che sia, purtroppo, un fenomeno stagionale e non una emergenza costante. Condivide questa analisi?
E’ la piaga strutturale del nostro paese che rischia di toglierci fette di mercato a livello eurupeo e mondiale. Molti Stati ed i consumatori non apprezzano il sistema illegale e il feroce sfruttamento dei lavoratori. il ministro Martina sostiene che il caporalato è come la mafia e come tale va combattuto. Non vorremmo che fossimo ancora alle dichiarazioni d’intenti. Bisogna evitare che sia tale. Il Governo si è preso quindici giorni per varare alcune norme. Da due anni le abbiamo anticipate con la collaborazione delle parti sociali e delle autorità’ competenti. Alcuni dati.
L’anno scorso sono stati assunti regolarmente 923 lavoratori. Nel 2014 il lavoro nero e’molto diminuito anche se i caporali hanno cambiato strategia. La misura del sequestro dei beni mi pare efficace. Bisogna adottarlo per evitare che, come accade a Palazzo San Gervasio, un gruppo specializzato,indigeni e stranieri conosciuti da tutti e infiltrati anche nella pubblica amministrazione ricavino fino a 500mila euro a stagione, spremendo e schiavizzando i braccianti, trattenendo i documenti e finanziando baracche e siti abusivi.
Con la stagione della raccolta dei pomodori, soprattutto nella zona di Lavello, si ripropone l’esigenza dell’accoglienza e dell’assistenza dei lavoratori extracomunitari. Due centri sono operativi ma lei pone un problema reale: molti evitano di registrarsi perché i caporali li costringono alla clandestinità. Secondo lei si può evitare che ciò avvenga?
Certo. I capi dell’industria del caporalato sono noti e hanno agito indisturbati per molto tempo. Ora ci sono le condizioni per stroncare la catena omertosa e le attività illecite.
Lei fa appello alle autorità affinchè vengano intensificati i controlli ma deve convenire che spesso, purtroppo, sono gli stessi lavoratori che, clandestini, non vogliono farsi scoprire e subiscono le leggi del caporalato.
E’ anche vero. Sono la catena debole. Quest’anno sono particolarmente terrorizzati nell’area di Boreano e Mattinelle. I caporali bianchi e neri temono di perdere utenti e risorse. L’anno scorso la Cri ha ospitato oltre 400 migranti nei centri.
Il ruolo del sindacato. Lei ha militato per anni nella Cgil. Ritiene che si stia facendo tutto per contrastare questo fenomeno, considerando che il caporalato è conseguenza anche di una illegalità imprenditoriale che lo alimenta?
Ci sono ritardi, anche delle strutture istituzionali. In ogni caso, dall’anno scorso le parti sociali tutte e la Caritas nonché il Ministero del Lavoro si muovono con forza e rinnovato impegno.
La situazione a Boreano e a Mattinelle è molto precaria: lei l’ha denunciato recentemente. Si può intervenire impedendo che strutture faticenti possano diventare ricovero per lavoratori già vittime dei caporali?
Sicuramente. Qualche tempo fa sono stati rasi al suolo fabbricati pericolanti. I caporali hanno utilizzato il sedime per le baracche. I siti di Boreano, Mattinelle e le strutture fittate alla Castellana e alla Luparara vanno sequestrate e abbattute. Tocca agli organi competenti anche tutelare la salute di migranti e delle popolazioni. Le norme ci sono.
Per concludere: Simonetti, quali iniziative intende adottare come Coordinamento migranti per tentare di porre un freno ad un fenomeno sommerso, il caporalato, che si ripropone, in tutta la sua gravità, quando l’impone la cronaca per ritornare poi… nell’oblio?
Abbiamo un programma pluriennale che coinvolge anche il Metapontino. La condizione e’ che ognuno faccia le cose che deve fare, pena la gestione emotiva della emergenza che aiuta il caporalato. E non solo.
Nino Cutro