“A fronte di uno Stato che si dice pronto a fare la propria parte e che, attraverso il presidente del Consiglio dei Ministri, Matteo Renzi, si appella alla solidarietà nazionale, le Regioni non possono abdicare alla propria dignità istituzionale, rinunciando ad affrontare, con rigore e senso di responsabilità, un problema di natura umanitaria che riveste, al contempo, una grande valenza economica e sociale.
I migranti che sbarcano sulle nostre coste non sono il frutto di una pestilenza biblica. Né vanno considerati come i nemici non dichiarati di un benessere conquistato a fatica, e come tali da bloccare alle frontiere con gli strumenti che sono propri di un Paese in guerra.
Se c’è una guerra da combattere e vincere è quella contro la povertà, da un lato, e contro l’egoismo, il cinismo e la facile demagogia politica, dall’altro, tanto in Italia quanto in Europa.
Non si tratta di fare del buonismo a buon mercato. Ma di affrontare, con la consapevolezza che è propria delle Istituzioni democratiche, il tema vero del terzo millennio. Che è quello del rapporto tra sviluppo sostenibile e solidarietà, in un mondo globalizzato in cui non c’è frontiera che tenga quando la fame e la disperazione sono la molla che fanno muovere grandi masse da un punto all’altro del pianeta.
Le Regioni d’Italia, ed in particolare quelle del Sud, chiamate più di altre, in questi anni, a svolgere il ruolo di “front office” dell’accoglienza, faranno proprio, ne sono sicuro, l’appello del Governo. E lo faranno non solo perché a chiederlo sono Renzi, la Chiesa, il Papa, la nostra stessa coscienza. Lo faranno perché conviene al Mezzogiorno. Conviene alle Regioni del Sud fare da “ponte” tra il Nord Africa e l’Europa, in un processo virtuoso di integrazione e sviluppo.
Da questo punto di vista, la Basilicata dà, sin d’ora, la propria disponibilità a raddoppiare, al termine di un percorso programmato con Ministero, Prefetture e Comuni, il numero dei migranti attualmente ospitato sul territorio regionale.
Siamo pronti a passare, a regime, da mille a duemila unità. Distribuendo i migranti, in piccoli gruppi omogenei, in tutti, o quasi, i paesi della regione. Facendoli accogliere dalle cooperative che operano nei nostri Comuni. Creando quindi anche nuove opportunità di lavoro per i nostri giovani e chiedendo, a chi verrà ospitato, di rendersi utile e di sottoporsi ad un percorso di formazione per imparare un mestiere e con esso anche la lingua italiana.
La Basilicata è pronta a fare da Regione-pilota, perché sa di avere le competenze per farlo, a valle della costituzione di un Organismo di coordinamento per gli immigrati e rifugiati, istituito con delibera di giunta dello scorso 24 febbraio e della nuova legge regionale sui rifugiati attualmente all’esame del Consiglio. E perché sa che oltre alle competenze vi sono la passione, il coraggio e la voglia di tanti sindaci, amministratori locali, Caritas, Cri, volontari di mettersi in gioco per diventare punto di riferimento in Italia e nel Mezzogiorno grazie ad un grande piano di accoglienza di lavoratori, rifugiati e minori.
Ce la faremo? Io penso di sì. Specie se, come credo, potremo contare sulla collaborazione del Ministero dell’Interno e sulla disponibilità, peraltro mai venuta meno in questi anni, delle Prefetture di Potenza e Matera.
Soprattutto, ce la possiamo fare sedendoci intorno ad un tavolo, per affrontare, in modo organico, tutti i problemi sul tappeto, partendo, per esempio, dalla destinazione dell’ex “Cie” di Palazzo: una struttura nata per essere una sorta di “carcere” che sarebbe utile trasformare in un Centro di accoglienza plurimo con non meno di 180 posti letto. Un posto dignitoso nel quale accogliere quasi il doppio di quei 100 migranti che, secondo il piano del Governo, dovrebbero a breve giungere in Basilicata.
Per cominciare, non mi pare poco”.
Marcello Pittella