LEGGI IL CAPITOLO 1 – L’arrivo a Potenza
CAPITOLO 2 – Veronica e quel messaggio…
La mattina si alzò ben prima della sveglia. Scese giù al bar per fare colazione, dando uno sguardo al cellulare e sfogliando le prime pagine di giornali locali. Cronaca sportiva, soprattutto, ma anche titoli su litigi condominiali e opinioni della politica raccontati come fatti. L’enfasi con cui certi giornali danno notizie – che spesso non lo sono- lo ha fatto sempre ridere. Lui, che di lavoro si occupa di marketing ed organizzazione di eventi, sa benissimo come si confeziona una notizia, quando darla e quando non darla. Ma soprattutto, conosce il mondo del giornalismo, il più delle volte lontano dal paese reale, dalla gente comune, e indaffarato a parlare a quei pochi opinion leader che gravitano intorno al potere.
Nelle sue lezioni all’università di Roma, che spesso teneva, ormai un secondo lavoro, portava sempre con sé le pagine di un giornale di provincia ed uno di taglio nazionale, così da dimostrare che l’informazione, a più livelli, è ormai diventata un uroboro. Prese un cappuccino, un caffè, ed un cornetto alla crema. Risalì in camera e si preparò per la prima giornata di lavoro a Potenza. Scese nella hall, face chiamare un taxi e dopo pochi minuti arrivò Pasquale, il tassista della sera prima che lo aveva accompagnato in albergo.
“Allora, ha dormito bene?”, chiese Pasquale. “Si, si. Vada un po’ più veloce, non voglio arrivare tardi”. Gli rispose, senza mai alzare lo sguardo dal telefono. “Stia sereno, questa città è così piccola che in poco tempo si può arrivare ovunque. Questi sì che sono bei vantaggi, non trova?”, disse Pasquale sorridendo. “Certo, si. Ma io ho davvero fretta, si sbrighi.” rispose nervosamente, guardando fuori dal finestrino, mentre era indaffarato a cercare certe carte nel suo zaino da lavoro.
“Non si preoccupi” disse Pasquale, con fare tranquillo, “tra 10 minuti sarà arrivato, ed avrà tutto il tempo per fare anche una seconda colazione e rispondere anche a tutti quei messaggi che le stanno arrivando”.
Arrivò con 20 minuti di anticipo: un tempo buono se sei a Roma, largo se sei in qualsiasi altra città. Non sapeva che fare, allora iniziò a camminare intorno al palazzo per passare il tempo. Alzò lo sguardo al cielo, le poche nuvole non nascondevano l’azzurro terso di Settembre che era già quasi Ottobre. L’aria era già più fredda ma pulita, di un sapore nuovo, il traffico che animava quella striscia di asfalto nei due sensi di circolazione non era poi così letale come quello dell’EUR alle 8 del mattino, e quel grigio dei palazzi di cemento e vetri era il solo elemento che lo riallacciava per un attimo alla sua vita di tutti i giorni, distante 368,5 km, 4 ore e 7 minuti.
Contrariamente a quanto previsto, la riunione iniziò puntuale ma finì prima della pausa pranzo. Essendo ancora in fase di avvio del progetto, questi primi giorni sarebbero stati dedicati a pochi impegni, molti dei quali relativi a incontri per conoscere i partner: tutte aziende di grande profilo del settore tecnologico e digitale. Decise così di scendere giù e di cercare un ristorante, un bar, o una tavola calda dove poter mangiare un boccone.
Una breve passeggiata lungo il viale che costeggiava il complesso delle tre palazzine uso ufficio, con negozi e piccole e piccole boutique al pian terreno, ed entrò in un ristorante dall’aspetto semplice e familiare. Nonostante l’ora, erano le 14 di un lunedì di settembre, non vi erano molte persone.
Quando chiese se fosse disponibile un tavolo, il cameriere gli disse: “Prego, scelga pure quello che vuole. A quest’ora sono sempre in pochi i clienti che vengono, ma di sera qui c’è il pienone”. Si sedette ad un tavolo apparecchiato per due, difronte la Tv che trasmetteva il notiziario locale, e sotto una galleria fotografica degli ospiti, più o meno illustri, che erano passati in quel locale.
Dopo un po’ ritornò il cameriere, un ragazzo sulla ventina con un taglio di capelli e tatuaggi da calciatore-tronista, e con un mini ipad in mano gli chiese cosa volesse mangiare. “Mi porti un antipasto della casa ed un piatto di verdure, grazie” “Solo questo, signore? Sicuro di non voler altro?”, chiese il ragazzo, stupito dell’ordinazione. “Si, solo questo. Preferisco così, poi questa sera ho una cena in programma”, disse lui infastidito dalle domande del cameriere. “Come vuole, signore. Intanto le porto dell’acqua. Vuole anche del vino? Abbiamo un ottimo vino della casa, è un aglianico che produciamo noi”. “No, grazie. Va bene l’acqua, liscia”.
Il cameriere si allontanò, andò in cucina e tornò con un cestino di pane fresco e una bottiglia di acqua. Intanto nel ristorante erano entrati altri clienti, due ragazzi in abito scuro e camicia bianca, ed una coppia di signori a cui il cameriere dava del tu. Dovevano essere dei clienti abituali, altrimenti non si spiegava tutta questa confidenza.
Mentre aspettava che arrivasse il pranzo, leggeva e rispondeva alle email di lavoro, ma all’improvviso il suo sguardo si fece più cupo. Un messaggio ricevuto da Veronica, la sua compagna, che non era affatto felice di questo suo trasferimento temporaneo. In verità con Veronica le cose non andavano più bene da tempo e questo distacco rischiava di far precipitare tutto.
“Sei andato via senza nemmeno opporre resistenza. Potevi chiedere al tuo capo di mandarci qualcun altro lì e invece hai detto subito di sì. Credi che sia scappando dai problemi che riuscirai a stare meglio?”.
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