Erano accusati di associazione per delinquere, riduzione in schiavitù, tratta di persone ed estorsione. Per i due imputati la Procura aveva chiesto 13 anni di carcere.
La Corte di Assise di Potenza ha assolto gli imprenditori agricoli Agostino e Luciano Di Chio di Montescaglioso, dai gravi reati di associazione per delinquere, riduzione in schiavitù, tratta di persone ed estorsione in danno di alcuni lavoranti rumeni impiegati presso la loro azienda agricola.
I fatti risalgono al 2008, quando una decina di romeni, tra cui un minorenne e quattro donne, avevano trovato il coraggio di denunciare la loro condizione di vera e propria schiavitù, essendo costretti a subire le condizioni disumane imposte, secondo l’accusa, anche da parte dei Di Chio.
Il teorema accusatorio, orientato a dare prova, per la prima volta in Basilicata, dell’esistenza di un sodalizio criminoso finalizzato alla riduzione in schiavitù di manodopera straniera, non è stato convalidato dai giudici della Corte di Assise che ha assolto i due imputati. Ne danno notizia i loro difensori, gli avvocati Amedeo Cataldo e Leonardo Pace.
Per un’ulteriore ipotesi di estorsione, la Corte di Assise ha ritenuto trattarsi di un caso più lieve di violenza privata in danno di alcuni lavoranti ed ha condannato i Di Chio a due anni di reclusione ciascuno.
La Procura della Repubblica aveva chiesto per gli imputati, già sottoposti a quattro mesi di carcerazione preventiva durante le indagini, la condanna a 13 anni di reclusione ciascuno.