Undici misure cautelari, delle quali cinque in carcere, 119 deferite all’autorità giudiziaria in stato di libertà sono il risultato di una complessa indagine coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Potenza in collaborazione con la Digos di Matera, denominata “REO ZONE”, che ha consentito di portare alla luce una capillare attività malavitosa di due clan pakistani per far ottenere i visti d’ingresso in Italia e eludere le procedure d’identificazione. Questo grazie anche alla complicità di imprenditori agricoli di Nova Siri, centro nel quale i due capi clan avevano costituito le loro sedi operative.
In carcere è finito Tanveer Muhammad, pakistano, arrestato a Trento. Altre quattro ordinanze di custodia cautelare in carcere non è stato possibile eseguire perchè le persone, tutte pakistane, si sono rese irreperibili.
Un imprenditore di Nova Siri, Giuseppe Corrado, è agli arresti domiciliari.
Per due pakistani, Yaqoob Faisal Uhammad e Ali Masfan, disposto l’obbligo di presentarsi alla Polizia Giudiziaria.
A due imprenditori, Antonio Corrado di Nova Siri, e Giuseppe Montagna di Taranto è stato fatto divieto di esercitare la propria attività.
Altre 119 persone sono indagate perchè ritenute responsabili, a vario titolo, di violazione del Testo Unico dell’Immigrazione ex D.lgs 286/1998 e s.m.i., dei reati di favoreggiamento dell’ngresso e della permanenza illegale in Italia di cittadini extracomunitari di nazionalità pakistana che non avevano titolo di residenza permanente in Italia.
Tra le persone indagate anche un funzionario amministrativo della Prefettura di Bari PP.UU. per aver avanzato una domanda di emersione, viziata da elementi di falsità nei confronti di un cittadino extracomunitario di nazionalità pakistana, con il coordinato apporto del capo di uno dei sodalizi criminali.
Nel corso di una conferenza stampa, il Procuratore della Repubblica facente funzioni, Francesco Basentini, ha illustrato i particolari dell’indagine svolta dalla Digos di Matera che ha monitorato i flussi migratori in entrata nell’ambito provinciale di Matera negli anni 2012 e 2013, con particolare riferimento alla componente extracomunitaria proveniente dall’area centrale asiatica, a far data dai primi mesi dell’anno 2012.
Si tratta di lavoratori stagionali la maggior parte provenienti da diverse città della provincia Pakistana del Punjab a prevalente vocazione religiosa islamica che, dopo “regolare” assunzione (flussi migratori dell’anno 2012) alle dipendenze di aziende che svolgono attività a carattere stagionale, essenzialmente legate all’agricoltura nella fascia jonico-metapontina, non si erano presentati in Questura a Matera per formalizzare il rilascio del Permesso di Soggiorno. I contratti di lavoro stagionali e quindi richieste di ingresso in Italia che venivano avanzate dai datori di lavoro italiani erano supportati dal falsi presupposti lavorativi.
Tra i 129 capi d’mputazione contestati, sono stati anche accertati reati in materia di falsità ideologica, anche con induzione in errore dei PP.UU. preposti alla trattazione delle pratiche di lavoro-soggiorno, operanti presso il S.U.I. (Sportello Unico Immigrazione – Prefettura) e presso gli Uffici Immigrazione di diverse regioni del sud Italia.
In particolare è stata accertata l’esistenza di due distinte associazioni a delinquere, operanti a tutt’oggi in Italia, con ramificazioni strutturali in Pakistan e aventi sedi operative in Nova Siri con a capo cittadini extracomunitari di nazionalità pakistana, regolarmente soggiornanti sul territorio dello Stato, e a cui hanno anche aderito datori di lavoro (imprenditori agricoli) italiani, residenti in quest’ambito provinciale.
A capo dei due sodalizi criminali, con strutture piramidali, ci sono due soggetti: uno appartenente ad una potente famiglia pakistana denominata “RAJE” (Principi; il secondo elemento emergente della criminalità della regione Punjabi nel distretto di Sargodha.
Significativa – ha precisato il procuratore Basentini – la circostanza che entrambi decidevano di costituire la sede operativa delle rispettive associazioni a delinquere a Nova Siri (MT), in ragione della posizione geografica del paese, al limite della provincia di Cosenza, al fine di evitare controlli e suscitare l’nteresse degli organi di Polizia, desumibili dalla rilevante presenza in loco di cittadini extracomunitari di nazionalità pakistana. Infatti al fine di suscitare dubbi, gli stessi venivano regolarmente assunti da imprenditori agricoli della zona, ma senza mai lavorare nelle campagne, anche al fine di percepire indebitamente assegni di sostegno dall’INPS (indennità di disoccupazione). Tuttavia entrambi avevano disponibilità di danaro e di alloggi in Nova Siri (MT) in cui ospitare loro connazionali che a loro si erano rivolti per ottenere i titoli legittimanti il loro ingresso in area Shengen.
E’ stato altresì accertato che gli stessi nell’arco solare di un anno hanno affrontato diversi viaggi da e per il Pakistan e per alcune nazioni europee, sostenendo considerevoli spese economiche al fine di raggiungere diretti accordi con i loro connazionali disposti ad ottenere un titolo legittimante il soggiorno in Italia.
Gli accordi tra coloro che avevano intenzione di arrivare in Italia o entrare in area Shengen e gli appartenenti ai sodalizi criminali, avvenivano in Pakistan. Per entrare in Italia ed ottenere un visto di ingresso regolare, per lavoro stagionale ma senza garanzie occupazionali e alloggiative, venivano corrisposti mediamente a persona dai 10.000 ai 12.000 euro.
Anche i cittadini extracomunitari che soggiornavano illegalmente in Italia, in Francia e Spagna si rivolgevano ai consociati per trovare datori di lavoro disposti ad avanzare mendaci richieste di “sanatoria” dietro compenso personale dai 5.000 ai 6.000 euro a persona.
E’ stato accertato inoltre che diversi cittadini extracomunitari di nazionalità pakistana domiciliati in Francia e Spagna dopo aver ottenuto il permesso di soggiorno in Italia ritornava nei paesi europei di provenienza per svolgere attività lavorativa.
Il motivo secondo quanto emerso dalle intercettazioni telefoniche e che in Italia le maglie della legislazione in materia di immigrazione è meno rigida rispetto a quella degli altri pa si, da qui il nome convenzionale “REO ZONE” dato all1ndagine.